Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

domenica 25 novembre 2012

Da "La vera Miss Brodie", di Muriel Spark (Adelphi, 2006)




Fino ad allora le pareti delle aule erano state coperte dai nostri quadretti e dai nostri disegni, da resoconti di viaggio, pagine del "National Geographic", fotografie di animali e uccelli esotici. E adesso arriviamo a quel personaggio in cerca d'autore che è Miss Christina Kay, e alla sua classe dalle pareti piene di riproduzioni di opere antiche e rinascimentali: Leonardo da Vinci, Giotto, Filippo Lippi, Botticelli. Le aveva prese a prestito dal corso di educazione artistica delle superiori, diretto dal bell'Arthur Couling. C'erano anche alcuni pittori fiamminghi e Corot, e perfino un ritaglio di giornale che mostrava la Marcia su Roma di Mussolini.

domenica 11 novembre 2012

Da "Il talento di Mr. Ripley", di Patricia Highsmith (Bompiani, su licenza per Corriere della Sera. Inchieste, 2012)




Era solitario ma non si sentiva solo. Era una sensazione molto simile a quella provata la notte di Natale a Parigi, era la sensazione di trovarsi su una ribalta con tutto il mondo che lo guardava, la sensazione di dover stare costantemente sul chi vive, di essere messo alla prova ogni minuto, perché il minimo errore gli sarebbe stato fatale. Ma era assolutamente certo che non avrebbe fatto errori. Questa certezza dava alla sua esistenza una indefinibile, deliziosa atmosfera rarefatta di purezza simile a quella, riteneva Tom, che deve provare un attore quando sale in scena, conscio di saper recitare una parte meglio di chiunque altro. Era se stesso eppure non era se stesso. Si sentiva libero e senza macchia, per quanto controllasse ogni minima azione.

mercoledì 7 novembre 2012

Da "La tempesta del secolo", di Stephen King (Sperling & Kupfer, 2005)




da INTRODUZIONE

Mi intimidiva la prospettiva di creare un'intera collettività (l'avevo già fatto in due romanzi, Le notti di Salem e Cose preziose, ed è un'impresa titanica), ma le possibilità che mi venivano offerte erano stimolanti. Sapevo anche di essere arrivato al punto in cui dovevo assolutamente scrivere se non volevo perdere la mia occasione. Le idee articolate, che sono poi la maggioranza, resistono per un discreto lasso di tempo, ma una storia che parte da una singola immagine, che esiste soprattutto in forza della sua potenzialità, è merce assai più deperibile.
Ritenevo che le probabilità che La tempesta del secolo crollasse sotto il proprio peso fossero abbastanza alte, ma nel dicembre 1996 cominciai a scrivere.


domenica 4 novembre 2012

Da "Il gioco degli specchi", di Andrea Camilleri (Sellerio editore Palermo, 2011)




No, il sogno che aviva appena finuto di fari era sbagliato. Lui non sarebbi mai nisciuto pazzo, ne era certo. Semmai si sarebbi a picca a picca rimbambito, scordannosi macari nomi e facci delle pirsone cchiù care, fino a sprufunnari in una speci di solitudini 'ncoscenti.
Ma che confortevoli pinseri che gli vinivano di primo matino!

mercoledì 31 ottobre 2012

Da "Gomorra", di Roberto Saviano (Mondadori, 2006)




La tensione diviene una sorta di schermo che si frappone tra le persone. In guerra gli occhi smettono di essere distratti. (...) In guerra tutti i sensi moltiplicano la propria soglia di attenzione, è come se si percepisse più acutamente, si guardasse più a fondo, si sentissero gli odori in maniera più forte. Anche se ogni accortezza non serve a nulla dinanzi alla decisione di un massacro. Quando si colpisce non si bada a chi salvare e chi condannare.

mercoledì 24 ottobre 2012

Da "Memorie di un sognatore abusivo", di Paolo Pasi (Edizioni Spartaco, 2009)




Non ho mai capito perché, ma nella vita di uno scrittore c'è sempre qualcosa che rende eroico il fallimento. Forse è la semplice ammissione a chiare lettere del proprio fallimento. Ecco perché ho deciso di tenere uno psicodiario. Il mio fallimento mi appare così smaccato, provocatorio, da esigere una piena confessione dei fatti. A modo mio, però. Eviterò di annotare le date, perché tanto i giorni si assomigliano tutti. Una normalità priva di sbocchi. L'anno è il 2035, la stagione si avvicina all'estate. Fa già molto caldo e la siccità avanza.
Ma cominciamo dai fatti.
Io sogno troppo e, in una Comunità dove i sogni sono tassati, questo significa essere nei guai. Lavoro per quattro soldi e neanche mezza sicurezza, eppure sono un grande contribuente. Nessun modo di fregare il fisco. Ti devi sistemare le ventose prima di addormentarti, e se non lo fai il microchip sottocutaneo segnala alla polizia onirica lo stato di sonno non connesso. Il resto lo fa la macchina collegata, giunta alla sua diciannovesima versione, e quindi ribattezzata X-19. Rileva numero e qualità dei sogni, li trasmette alla Centrale onirica, e ce li restituisce sotto forma di imponibile. Questa notte, per esempio, ho fatto due sogni di categoria A e tre di categoria B. Sono le aliquote più alte.


domenica 21 ottobre 2012

Da "Harold e Maude", di Colin Higgins (Omero Editore, 2011)




Harold Chasen salì sulla sedia e si sistemò il cappio intorno al collo. Lo strinse bene e diede uno strattone al nodo. Teneva. Diede un'occhiata allo studio. La musica di Chopin si diffondeva dolcemente. La busta era poggiata sul tavolo. Tutto era pronto. Attese. Una macchina entrò nel vialetto, là fuori. Si fermò e Harold sentì sua madre che usciva. Con un lieve sorriso scalciò via la sedia e cadde di colpo nel vuoto. Dopo qualche istante i piedi smisero di agitarsi e il corpo rimase a dondolare appeso alla corda.

mercoledì 17 ottobre 2012

Da "I racconti", di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Feltrinelli, 2009)




da RICORDI D'INFANZIA

Lo straordinario interesse che destano i romanzi di De Foe consiste nel fatto che sono quasi dei diari, geniali benché apocrifi. Pensate un po' cosa sarebbero quelli genuini? Immaginate cosa sarebbe il diario di una ruffiana parigina della Régence o i ricordi del cameriere di Byron durante l'epoca veneziana?


domenica 14 ottobre 2012

Da "La vita segreta delle api", di Sue Monk Kidd (Mondadori, 2007)




Di notte, nel mio letto, guardavo lo spettacolo delle api che si insinuavano nelle fessure delle pareti e volteggiavano nella camera con quel loro ronzio acuto da elica che vibrava sulla mia pelle. Osservavo le ali brillare come pulviscolo di cromo nel buio e sentivo crescere nel cuore la malinconia. Mi commuoveva profondamente quel loro volare, senza neppure cercare un fiore, soltanto per sentire il vento.

domenica 7 ottobre 2012

Da "Romeo e Giulietta si fidanzarono dal basso", a cura di Marcello D'Orta (Mondadori, 2010)




Maestro, ma se un bambino non nasce di nove mesi, di quanti mesi può nascere? Di dieci, di undici, di dodici? Qual è il record di uscita?

Maestro, come si dice sesso in Vaticano?

Ha detto mio cugino Vincenzo che pure l'uomo tiene la verginità, vorrei sapere cos'è la verginità e a che età si sviluppa.

Maestro, cos'era il sesso lo sapevo, ve lo giuro, ma ora l'ho dimenticato.

mercoledì 3 ottobre 2012

Da "La maschera di scimmia", di Dorothy Porter (Fandango, 1999)




SONO DONNA


                        Non sono tosta
                              né stravagante né stoica.

                        Crollo
                              dopo vino, sesso
                              o discorsi profondi.

                        Le strade mi deprimono
                               quando si svuotano
                        sono donna
                        mi spavento.

domenica 30 settembre 2012

Da "La setta degli angeli", di Andrea Camilleri (Sellerio editore Palermo, 2011)




Il colonnello Petrosillo, che si tiniva ancora un fazzoletto vagnato sul naso, si susì e disse:
"Mando a Lola".
Tutti s'azzittero, 'mparpagliati, spiannosi chi era 'sta Lola e indove e pirchì la voliva mannare il colonnello. L'unico a capiri la situazioni fu, al solito, don Stapino Vassallo.
"Colonnello, per favore, scosti il fazzoletto e ripeta".
Il colonnello bidì.
"Domando la parola".

mercoledì 26 settembre 2012

Da "La piccola ombra", di Banana Yoshimoto (Feltrinelli, 2002)




da L'ULTIMO GIORNO

Si dice spesso che se non si prova a fare una cosa non si può dire di non esserci portati, ed è proprio vero. Tutti i sabati mattina quando lui se ne andava via, fissando lo sguardo sulle minuscole particelle di polvere che risplendevano nella luce mattutina, iniziavo a pensare. Fino a poco prima avevamo bevuto il caffè condividendone l'aroma, avevamo parlato della frittata mangiata dallo stesso piatto, eppure adesso lui non era più lì. Il CD che aveva cominciato ad ascoltare non era ancora finito, ma io non potevo più mettermi in contatto con lui. In quelle condizioni per me era come morire. Lo pensavo davvero. La natura odiosa di quella tristezza non mi si confaceva affatto. In quei momenti, tendevo le orecchie per un po' al fluire dei suoni violenti della musica di Piazzolla e la percezione del tempo tornava da me. Da quel momento in poi la mia giornata finalmente incominciava, ma ogni volta era per me uno sforzo al limite del possibile.

domenica 23 settembre 2012

Da "In villa", di W. Somerset Maugham (Adelphi, 1999)




La villa era in cima a un colle. Dalla terrazza sul davanti si godeva una splendida veduta di Firenze; dietro c'era un vecchio giardino, con pochi fiori ma con begli alberi, siepi di bosso tosato, vialetti erbosi e una grotta artificiale dove una cascatella d'acqua sgorgava fresca e argentina da una cornucopia. Costruita nel '500 da un nobile fiorentino, la villa era stata venduta dai suoi impoveriti discendenti a certi inglesi, e costoro l'avevano data temporaneamente in prestito a Mary Panton. Le stanze erano ampie e maestose; la casa tuttavia non era molto grande, e Mary la mandava assai bene con i tre domestici lasciatile dai proprietari. Era arredata, parsimoniosamente, con bei mobili antichi, e aveva un tono; e sebbene non ci fosse riscaldamento centrale, sicché quando lei era arrivata alla fine di marzo ci faceva ancora un gran freddo, i Leonard, i proprietari, l'avevano munita di stanze da bagno, e l'abitazione era molto confortevole. Adesso, in giugno, quando stava a casa, Mary passava buona parte della giornata sulla terrazza, da cui vedeva le cupole e le torri di Firenze, oppure nel giardino sul retro.
Nelle prime settimane del suo soggiorno aveva dedicato molto tempo ai monumenti, aveva trascorso mattinate piacevoli agli Uffizi e al Bargello, visitato le chiese e vagabondato a caso per le vecchie vie; ma adesso scendeva di rado a Firenze, salvo per andare a pranzo o a cena con amici. Si contentava di starsene in giardino, a leggere un libro, e se aveva voglia di uscire preferiva salire sulla sua Fiat e girare per la campagna. Niente superava l'incanto di quel paesaggio toscano, con la sua raffinata semplicità; e quando gli alberi da frutto furono in fiore, e i pioppi si ammantarono di foglie, di un color tenero esultante tra il perenne grigioverde degli ulivi, lei si era sentita nell'animo una leggerezza che aveva creduto le fosse per sempre preclusa.


mercoledì 19 settembre 2012

Da "Una storia semplice", di Leonardo Sciascia (Adelphi, 1989)




Il telefonista annotò l'ora e il nome della persona che telefonava: Giorgio Roccella. Aveva una voce educata, calma, suadente. 'Come tutti i folli' pensò il telefonista. Chiedeva infatti, il signor Roccella, del questore: una follia, specialmente a quell'ora e in quella particolare serata.
Il telefonista si sforzò allo stesso tono, ma riuscendo a una caricaturale imitazione, resa più scoperta dalla freddura con cui rispose: "Ma il questore non è mai in questura a quest'ora", freddura che in quegli uffici abitualmente correva sulle frequenti assenze del questore. E aggiunse: "Le passo l'ufficio del commissario", col gusto di far dispetto al commissario, che certo stava in quel momento per lasciare l'ufficio.
Il commissario si stava infatti infilando il cappotto. Prese il telefono il brigadiere che aveva tavolo ad angolo con quello del commissario. Ascoltò, cercò sul tavolo una matita e un pezzo di carta; e mentre scriveva rispondeva che sì, sarebbero andati al più presto possibile ma appena possibile, così collocando la possibilità in modo da non illudere sulla prestezza.


domenica 16 settembre 2012

Da "Il sorriso ai piedi della scala", di Henry Miller (Feltrinelli, 1980)




Antoine alzò gli occhi, lo guardò fisso per alcuni lunghissimi minuti. Sembrava che si guardasse in uno specchio. Augusto a poco a poco finì per capire che cosa passava in quel momento per la testa di Antoine.

"Sono io, sono Augusto," gli disse piano.

"Lo so," rispose Antoine. "Sei tu... ma potrei anche esser io. Non se n'accorgeranno, loro. E tu sei grande e io non sono mai stato nessuno."

"Pensavo la stessa cosa anch'io un minuto fa," disse Augusto con un sorriso assorto. "È strano. Un fondo di colore, qualche sgorbio bianco, un costume da pagliaccio: quanto poco basta a fare di un uomo un nulla! Questo noi siamo: nulla. Nulla e tutto, nessuno e ciascuno allo stesso tempo. Non noi applaudono, ma se stessi."


mercoledì 12 settembre 2012

Da "Felicità e altri racconti", di Katherine Mansfield (La Biblioteca Ideale Tascabile, 1995)




da FELICITÀ

Nonostante i suoi trent'anni, Bertha Young viveva ancora momenti come questo, in cui aveva voglia di correre invece di camminare, di eseguire passi di danza su e giù per il marciapiede, giocare al cerchio, lanciare in aria qualcosa e poi riafferrarla, oppure starsene lì, ferma, a ridere, a ridere di nulla, proprio di nulla. Che cosa ci volete fare se avete trent'anni e, voltando l'angolo della strada, vi sentite sopraffatti, all'improvviso, da un senso di felicità, di assoluta felicità, come se aveste d'un tratto inghiottito un pezzo lucente di quel tardo sole pomeridiano che vi bruciasse dentro, spandendo una pioggerella di scintille in ogni intima fibra, in ogni dito delle mani e dei piedi?
Oh, non c'è dunque altro modo di esprimere questo stato d'animo senza essere "ebbro e sconvolto"? Com'è idiota, la civiltà! Perchè avere un corpo, se bisogna tenerlo chiuso in un astuccio come un rarissimo violino?

domenica 9 settembre 2012

Da "Spingendo la notte più in là", di Mario Calabresi (Mondadori, 2009)




Non molto tempo dopo la mia nascita il quotidiano "Lotta Continua" ritraeva mio padre con me in braccio intento a insegnarmi a decapitare, con una piccola ghigliottina giocattolo, un bambolotto che rappresentava un anarchico.

mercoledì 5 settembre 2012

Da "La fattoria degli animali", di George Orwell (Mondadori, 2000)




"L'Uomo è l'unica creatura che consumi senza produrre. Non dà latte, non depone uova, è troppo debole per tirare l'aratro, non corre abbastanza veloce da catturare un coniglio. Però è padrone di tutti gli animali. Li fa lavorare e in cambio concede loro il minimo necessario alla sussistenza, tenendo il resto per sè"


domenica 2 settembre 2012

Da "Satura", di Eugenio Montale (Mondadori, 2009)




HO SCESO, DANDOTI IL BRACCIO, ALMENO UN MILIONE DI SCALE


      Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
      e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
      Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
      Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
5    le coincidenze, le prenotazioni,
      le trappole, gli scorni di chi crede
      che la realtà sia quella che si vede. 


mercoledì 29 agosto 2012

Da "Una lama di luce", di Andrea Camilleri (Sellerio editore Palermo, 2012)




S'infuscò. Non s'aspittava d'essiri chiamato al tilefono. Chi era che gli scassava i cabasisi?
In linia teorica, in commissariato non avrebbi dovuto essirici nisciuno fatta cizzioni del cintralinista pirchì quella sarebbi stata 'na jornata spiciali per Vìgata.
Spiciali in quanto che il signori e ministro dell'Interno, di ritorno dalla visita all'isola di Lampidusa indove i centri d'accoglienza (sissignori, avivano il coraggio d'acchiamarli accussì!) per gli immigrati non erano cchiù 'n condizioni di continiri manco un picciliddro di un misi, le sarde salate avivano maggiori spazio, aviva espresso la 'ntinzioni di spezionari l'attendamenti di fortuna priparati a Vìgata. Che già, da parti loro, erano chini come l'ova, con l'aggravanti che quei povirazzi erano costretti a dormiri 'n terra e a fari i loro bisogni all'aperto.


domenica 26 agosto 2012

Da "L'affaire Moro", di Leonardo Sciascia (Sellerio editore Palermo, 1983)




Ieri sera, uscendo per una passeggiata, ho visto nella crepa di un muro una lucciola. Non ne vedevo, in questa campagna, da almeno quarant'anni: e perciò credetti dapprima si trattasse di uno schisto del gesso con cui erano state murate le pietre o di una scaglia di specchio; e che la luce della luna, ricamandosi tra le fronde, ne traesse quei riflessi verdastri. Non potevo subito pensare a un ritorno delle lucciole, dopo tanti anni che erano scomparse. Erano ormai un ricordo: dell'infanzia allora attenta alle piccole cose della natura, che di quelle cose sapeva fare giuoco e gioia. Le lucciole le chiamavamo cannileddi di picuraru, così i contadini le chiamavano. Tanto consideravano greve la vita del pecoraio, le notti passate a guardia della mandria, che gli largivano le lucciole come reliquia o memoria di luce nella paurosa oscurità. Paurosa per gli abigeati frequenti. Paurosa perchè bambini erano di solito quelli che si lasciavano a guardia delle pecore. Le candeline del pecoraio, dunque. E ogni tanto ne prendevamo qualcuna, la tenevamo delicatamente chiusa nel pugno per poi aprirne a sorpresa, tra i più piccoli di noi, quella fosforescenza smeraldina.


mercoledì 22 agosto 2012

Da "Il rumore della pioggia a Roma", di John Cheever (Fandango, 2004)




Non aveva mai visto una cosa simile: color oro, rossi, gialli, le foglie si perdono nel vento come pezzi d'affresco che si spellano dai soffitti nelle grandi sale dei palazzi principeschi a Roma e a Venezia.

domenica 19 agosto 2012

Da "Norwegian Wood", di Murakami Haruki (Einaudi, 2006)




LA MORTE NON È L'OPPOSTO DELLA VITA,
MA UNA SUA PARTE INTEGRANTE.

Tradotto in parole suona piuttosto banale, ma allora non era così che lo percepivo, ma come un grumo d'aria presente dentro di me.


domenica 12 agosto 2012

Da "Chiedi alla polvere", di John Fante (Einaudi, 2004)




Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza d'albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione nei confronti dell'albergo. O pagavo o me ne andavo: così diceva il biglietto che la padrona mi aveva infilato sotto la porta. Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce e andandomene a letto.


domenica 5 agosto 2012

Da "Momenti di trascurabile felicità", di Francesco Piccolo (Einaudi, 2010)




Quando esci, in qualsiasi posto tu vada, succede sempre che dopo, nel mezzo della notte, fai delle lunghe passeggiate. Lasci il motorino o la macchina lontano e te ne vai al ghetto, a piazza Navona, a Campo Marzio. Cammini e incroci i turisti, cerchi sempre di scrutare nei loro occhi lo stupore per quello che stanno vedendo e ti piace pensare che loro ti guardano e pensano che tu vivi qui. Cammini fino a quando non senti i tuoi passi produrre l'unica eco nei dintorni. Oppure te ne vai alla Garbatella, in alcune stradine del quartiere Trieste, sui ponti a fare avanti e indietro. A via Giulia. Oppure in certe strade verdi e silenziose di Montesacro.


martedì 31 luglio 2012

Da "La compagnia dei Celestini", di Stefano Benni (Feltrinelli, 1994)




Come prima cosa, accadde che si udì uno schianto e apparve Don Bracco. In mano aveva un pomello della porta, che aveva divelto con la grazia propria del suo Ordine.
"Eccheccazzo", dixit, e si fece avanti.


martedì 24 luglio 2012

Da "Dieci", di Andrej Longo (Adelphi, 2007)




Ho telefonato a mia madre se le serviva qualcosa. Mentre stavo a parlare con lei, è suonato il citofono.
"Mò ti lascio," ho detto "ci sta Enzuccio".
Ho premuto il bottone del citofono. Ho aspettato di sentire l'ascensore che si avviava e ho aperto. Mi sono nascosta dietro alla porta, che ogni volta lo aspetto così, da quando siamo sposati. Mi sembra un po' da scemi ormai, che teniamo un'età, però penso che se non lo faccio porta male e capita qualche disgrazia.
L'ascensore è arrivato al piano. Ho sentito che si apriva. E i passi suoi sul pianerottolo.
"Ciuciù sono io".
Ha spinto la porta.
"Dove sta Ciuciù l'amore mio?" ha detto col tono allegro che tiene sempre. Ha chiuso la porta. Ha fatto un poco la scena che mi cercava e quando mi ha vista, ha detto:
"Ciuciù, e che ci fai qua dietro?".
Ha posato la borsa per terra, mi ha abbracciata e mi ha baciata sulla bocca.
Come ogni martedì.
Come ogni martedì da tredici anni.

sabato 21 luglio 2012

Da "Il cacciatore di aquiloni", di Khaled Hosseini (Edizioni Piemme, 2004)




Piansi per tutto il tragitto di ritorno. In macchina vedevo le mani di Baba aprirsi e chiudersi nervosamente sul volante. Non dimenticherò mai l'espressione di disgusto dipinta sul suo viso mentre guidava in silenzio verso casa.
Quella sera, passando davanti al suo studio, lo sentii parlare con Rahim Khan. Avvicinai l'orecchio alla porta.
"...ringrazia che abbia la salute" diceva Rahim Khan.
"Lo so, lo so. Ma se ne sta sempre sepolto tra i libri e vaga per la casa con la testa fra le nuvole."
"E con questo?"
"Io non ero così" spiegò Baba, e c'era frustrazione rabbiosa nella sua voce.
Rahim Khan rise. "I figli non sono album da colorare come piace a noi."


lunedì 16 luglio 2012

Da "La stagione della caccia", di Andrea Camilleri (Sellerio editore Palermo, 1994)




Il marchese arrivò mezzo spogliato, era stato avvisato da un uomo del delegato.
"Povero papà, che fine orribile per lui" fece quando vide il corpo del vecchio perfettamente puliziato dal mare. "Praticamente è morto lavandosi".

giovedì 12 luglio 2012

Da "L'educazione delle fanciulle", di Luciana Littizzetto e Franca Valeri (Einaudi, 2011)




LA NOIA

La noia è un bel tema. Non sto pensando alla noia della coppia. Non ho praticamente mai vissuto in coppia, insomma coi ritmi usurabili della coppia. Quando ho vissuto in due è stata sempre un'avventura.
Ma la noia fa parte della vita, bisogna abituarsi da bambini a sentirla arrivare e a dire: "No, non mi avrai". Perché i mezzi per sconfiggerla sono infiniti e molto più semplici di quel che si crede. Purché il problema riguardi te solo. La noia diventa pesante se devi condividerla. Da solo, è uno scherzo. Basta decidersi a riordinare un cassetto, fonte inesauribile di sorprese. Basta leggere un calendario appeso in cucina e contare quante feste ci sono, ognuna ha i sui problemi festivi. Basta cercare di ricordare un nome, si può riempire anche un'ora.
La noia siamo noi. Ho concluso dopo molti anni di vita che lei non esiste. E' un tema letterario.

F.V.


venerdì 6 luglio 2012

Da "Ho una storia per te", di Attilio Coco (Edizioni Spartaco, 2011)




L'indolenza di quelle ore, che di sicuro gli derivava dal grande caldo, lo metteva di fronte a un forte imbarazzo; lo stesso di chi, giunto senza rendersene conto a un bivio, si guarda intorno sperando nell'arrivo di qualcuno o di qualcosa che lo obblighi a prendere una direzione certa e lo tolga così dall'impaccio di dover fare in prima persona una scelta che si avverte come superiore alle proprie capacità del momento.

domenica 1 luglio 2012

Da "Il bambino con il pigiama a righe", di John Boyne (Rizzoli, 2008)




Andò alla porta, ma prima di aprirla si voltò e fece un'ultima domanda: "Papà" iniziò.
"Bruno, non ho intenzione di..." lo interruppe il padre, irritato.
"Non c'entra" disse Bruno con prontezza. "Ho solo un'altra domanda."
Il padre sospirò e gli fece cenno di proseguire, perchè poi l'argomento sarebbe stato definitivamente chiuso e lui non avrebbe ammesso altre repliche.
Bruno meditò sulla domanda: questa volta voleva trovare le parole giuste per non sembrare di nuovo maleducato e poco collaborativo. E alla fine disse: "Chi sono tutte quelle persone là fuori?"
Il padre inclinò la testa da un lato, come se la domanda l'avesse spiazzato. "Soldati, Bruno" rispose. "E segretarie. I miei collaboratori. Li conosci già."
"No, non loro" disse Bruno. "Le persone che ho visto dalla mia finestra, nelle baracche laggiù, in fondo. Tutti quegli uomini vestiti uguali."
"Ah, quelli" disse il padre scuotendo la testa con un sorrisetto. "Ma quelli non sono uomini, Bruno" disse.


venerdì 29 giugno 2012

Da "Caffè Trieste", di Olga Campofreda (Giulio Perrone Editore, 2011)




Adoravo Ferlinghetti. Questo lo sapevano tutti. Il mio entusiasmo per la sua poesia era un dato di fatto talmente acclarato che aveva assunto lo stesso valore di una qualifica fisica. Come dire: hai presente quella ragazza con gli occhi scuri, i capelli lisci, bassina, Ferlinghetti?


Da "Firmino", di Sam Savage (Einaudi, 2008)




Penso sempre che ogni cosa durerà in eterno, ma non è mai così. In realtà, niente esiste per più di un istante, tranne ciò che custodiamo nella memoria. Cerco sempre di conservare dentro di me ogni momento - preferirei morire piuttosto che dimenticare.

domenica 24 giugno 2012

Da "Ora segnata", di Angelo Marenzana (Iris 4 Edizioni, 2011)




Una radio rimandava le note scoppiettanti di un motivetto in voga, un ballabile che portava il buonumore già alle prime battute nonostante recitasse la storia un po' infantile di un gattino a cui non mancava pane, vino, casa e insalata ma era morto comunque.


Da "Le stelle che stanno giù", di Azra Nuhefendić (Edizioni Spartaco, 2011)




La distruzione della Vijećnica fu dichiarata, a livello internazionale, un crimine contro l'umanità. Già nel 1993 tanti nel mondo incominciarono a raccogliere i soldi per ristrutturarla. Anche in Italia furono stanziati finanziamenti. Da Sarajevo, il direttore della Vijećnica, il professore Boro Pištalo, si era rifugiato in Slovenia. Ma, ahimè, né il direttore, né nessun altro a Sarajevo vide mai un centesimo.