Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

domenica 12 agosto 2012

Da "Chiedi alla polvere", di John Fante (Einaudi, 2004)




Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza d'albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione nei confronti dell'albergo. O pagavo o me ne andavo: così diceva il biglietto che la padrona mi aveva infilato sotto la porta. Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce e andandomene a letto.


(...)

- Ha un lavoro? - mi chiese.
- Faccio lo scrittore, - le risposi. - Guardi un po' qui.
Aprii la valigia ed estrassi una copia della rivista. - L'ho scritto io, - le dissi. Ero un entusiasta, a quei tempi. - Gliene regalo una copia, - le dissi. - Aspetti che gliela firmo.
Presi una stilografica dal banco, ma era senza inchiostro e dovetti intingerla. Mi passai la lingua sulle labbra pensando a qualcosa di carino da scrivere. - Come si chiama? - le chiesi. Me lo disse a malincuore.
- Sono la signora Hargraves. Perchè? - Ma era un onore quello che le facevo e non avevo tempo di rispondere alle sue domande, così scrissi in cima alla prima pagina: "A una donna di fascino ineffabile, con gli occhi azzurri e il sorriso generoso, l'autore, Arturo Bandini".
Mi rivolse un sorriso che parve ferirle la faccia, riaprendo vecchie incrinature che le segnarono la carne arida attorno alla bocca e sulle guance. - Non tollero i racconti sui cani, - mi disse, imboscando la rivista. Mi guardò da un punto ancora più alto, al di sopra degli occhiali.
- Giovanotto, - mi disse. -  È messicano, per caso?
Mi indicai e mi misi a ridere.
- Messicano, io? - scossi il capo. - Sono americano, signora Hargraves. E quello non è un racconto sui cani. Parla di un uomo e non è niente male. Non c'è nemmeno un cane, lì dentro.
- Non ospitiamo messicani in quest'albergo, - insisté.
- Non sono messicano. E il titolo l'ho tratto da una favola. "E il cagnolino rise a vedere un simile spasso".
- E nemmeno ebrei, - concluse.
Firmai il registro. Avevo una bella firma, allora, intricata, orientaleggiante, illeggibile, con un possente tratto di sottolineatura, una firma più complessa di quella del grande Hackmuth. Dopo la firma scrissi: "Boulder, Colorado".
Esaminò ciò che avevo scritto, lettera per lettera.
- Come si chiama, giovanotto? - mi chiese poi seccamente.
Provai una gran delusione all'idea che avesse già dimenticato il nome dell'autore di Il cagnolino rise, che era stampato a caratteri cubitali sulla rivista. Glielo ripetei. Lo scrisse con cura in stampatello sulla mia firma. Poi passò al resto.
- Signor Bandini, - mi disse, guardandomi freddamente. - Boulder non è nel Colorado.
- Ce n'è uno anche lì! - le spiegai. - Quando sono partito io, almeno, c'era.
Fu irremovibile. - Boulder è nel Nebraska. Ci siamo passati io e mio marito trent'anni fa, venendo qui. La prego di correggere quello che ha scritto.
- Ma le assicuro che è nel Colorado! Ci vivono mia madre e mio padre. Ci sono andato a scuola!
Allungò una mano sotto il banco e tirò fuori la rivista. Me la porse.
- Quest'albergo non è per lei, giovanotto. I nostri ospiti sono tutte persone distinte, gente perbene.
Ignorai la rivista. Ero esausto, il lungo viaggio in autobus mi aveva massacrato. - D'accordo, - le dissi. -  È nel Nebraska - . Cancellai Colorado e lo sostituii con Nebraska. Lei parve soddisfatta; mi guardò compiaciuta, sorrise ed esaminò la rivista.
- E così lei fa lo scrittore! - esclamò. - Che bello! - E ficcò di nuovo la rivista sotto la scrivania.
- Benvenuto in California! Le piacerà, qui!
Che tipo la signora Hargraves! Era sola, smarrita, eppure orgogliosa.

(...)

Questo è l'oceano e questo è Arturo. L'oceano è reale e Arturo crede che lo sia. Poi volto le spalle al mare e non vedo altro che terra. Continuo a camminare e la terra si estende fino all'orizzonte. Un anno, cinque anni, dieci anni, senza vedere il mare. Cos'è accaduto al mare, mi dico? Il mare è qui, rispondo, nel magazzino della memoria. Il mare è un mito. Non è mai esistito. E invece c'era! Lo so perché sono nato sulle sue sponde, mi sono bagnato nelle sue acque! Mi ha nutrito e mi ha dato pace, e le sue affascinanti distanze hanno alimentato i miei sogni! No, Arturo, il mare non è mai esistito. Non è che desiderio, il tuo, ma continua pure a camminare nel deserto. Non lo rivedrai mai più, il mare. È un mito in cui una volta hai creduto. Eppure sorrido, perché ho ancora il salino nel sangue, e la terra, con tutte le sue strade, non riuscirà a confondermi, perché il mio sangue tornerà alla sua sorgente.

(...)

La gente aveva paura, ma non si era lasciata travolgere dal panico. Qua e là c'era anche qualcuno che sorrideva, qualcuno più coraggioso di altri. Avevano lasciato le case, ma avevano portato con sé il coraggio. Era gente solida, che non aveva paura di niente.

(...)

Il mondo era polvere e sarebbe tornato polvere. Cominciai ad andare a messa il mattino. Poi mi confessai e ricevetti la Santa Comunione. Scelsi una chiesetta di legno, bassa e solida, vicino al quartiere messicano. Come pregò il nuovo Bandini! Ah, la vita! Tragedia dolceamara, splendida puttana che mi porti alla distruzione! Rinunciai alle sigarette per qualche giorno, mi comprai un rosario nuovo e infilai una quantità di monetine nella cassetta delle elemosine. Provavo una gran compassione per il mondo.

(...)

La notte e le strade deserte fremevano di odio riflesso, ma io la capivo. Lei non odiava Arturo Bandini. Odiava il fatto che lui non riusciva a essere alla sua altezza. Avrebbe voluto amarlo, ma non poteva. In realtà, avrebbe voluto che lui fosse come Sammy: quieto, taciturno, cupo. Bravo tiratore e bravo barista che l'accettava com'era. Smontai dall'auto, sogghignando, perché sapevo che così l'avrei ferita.
- Ciao, - le dissi. - Mi va di fare quattro passi. È una bella nottata.
- Spero che tu non ci arrivi. Spero che domattina ti trovino morto in mezzo alla strada.
- Vedrò quello che posso fare.
Mentre ripartiva, sentii come un singhiozzo, un grido di dolore. Una cosa era certa: Arturo Bandini non era il tipo giusto per Camilla Lopez.

(...)

Procedemmo verso sud, seguendo la linea bianca della strada. Andavo piano. Era una giornata mite; il cielo era simile al mare, il mare al cielo. A sinistra, sulle colline, brillava l'oro dell'inverno. Era una giornata fatta per non parlare, per ammirare gli alberi isolati, le dune sabbiose, i mucchi di sassi candidi lungo la strada. La terra di Camilla, la sua casa, il mare e il deserto, la terra e il cielo sconfinato e, più a nord, la luna, che era ancora là dalla notte prima.

Nessun commento:

Posta un commento