Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

domenica 30 settembre 2012

Da "La setta degli angeli", di Andrea Camilleri (Sellerio editore Palermo, 2011)




Il colonnello Petrosillo, che si tiniva ancora un fazzoletto vagnato sul naso, si susì e disse:
"Mando a Lola".
Tutti s'azzittero, 'mparpagliati, spiannosi chi era 'sta Lola e indove e pirchì la voliva mannare il colonnello. L'unico a capiri la situazioni fu, al solito, don Stapino Vassallo.
"Colonnello, per favore, scosti il fazzoletto e ripeta".
Il colonnello bidì.
"Domando la parola".

mercoledì 26 settembre 2012

Da "La piccola ombra", di Banana Yoshimoto (Feltrinelli, 2002)




da L'ULTIMO GIORNO

Si dice spesso che se non si prova a fare una cosa non si può dire di non esserci portati, ed è proprio vero. Tutti i sabati mattina quando lui se ne andava via, fissando lo sguardo sulle minuscole particelle di polvere che risplendevano nella luce mattutina, iniziavo a pensare. Fino a poco prima avevamo bevuto il caffè condividendone l'aroma, avevamo parlato della frittata mangiata dallo stesso piatto, eppure adesso lui non era più lì. Il CD che aveva cominciato ad ascoltare non era ancora finito, ma io non potevo più mettermi in contatto con lui. In quelle condizioni per me era come morire. Lo pensavo davvero. La natura odiosa di quella tristezza non mi si confaceva affatto. In quei momenti, tendevo le orecchie per un po' al fluire dei suoni violenti della musica di Piazzolla e la percezione del tempo tornava da me. Da quel momento in poi la mia giornata finalmente incominciava, ma ogni volta era per me uno sforzo al limite del possibile.

domenica 23 settembre 2012

Da "In villa", di W. Somerset Maugham (Adelphi, 1999)




La villa era in cima a un colle. Dalla terrazza sul davanti si godeva una splendida veduta di Firenze; dietro c'era un vecchio giardino, con pochi fiori ma con begli alberi, siepi di bosso tosato, vialetti erbosi e una grotta artificiale dove una cascatella d'acqua sgorgava fresca e argentina da una cornucopia. Costruita nel '500 da un nobile fiorentino, la villa era stata venduta dai suoi impoveriti discendenti a certi inglesi, e costoro l'avevano data temporaneamente in prestito a Mary Panton. Le stanze erano ampie e maestose; la casa tuttavia non era molto grande, e Mary la mandava assai bene con i tre domestici lasciatile dai proprietari. Era arredata, parsimoniosamente, con bei mobili antichi, e aveva un tono; e sebbene non ci fosse riscaldamento centrale, sicché quando lei era arrivata alla fine di marzo ci faceva ancora un gran freddo, i Leonard, i proprietari, l'avevano munita di stanze da bagno, e l'abitazione era molto confortevole. Adesso, in giugno, quando stava a casa, Mary passava buona parte della giornata sulla terrazza, da cui vedeva le cupole e le torri di Firenze, oppure nel giardino sul retro.
Nelle prime settimane del suo soggiorno aveva dedicato molto tempo ai monumenti, aveva trascorso mattinate piacevoli agli Uffizi e al Bargello, visitato le chiese e vagabondato a caso per le vecchie vie; ma adesso scendeva di rado a Firenze, salvo per andare a pranzo o a cena con amici. Si contentava di starsene in giardino, a leggere un libro, e se aveva voglia di uscire preferiva salire sulla sua Fiat e girare per la campagna. Niente superava l'incanto di quel paesaggio toscano, con la sua raffinata semplicità; e quando gli alberi da frutto furono in fiore, e i pioppi si ammantarono di foglie, di un color tenero esultante tra il perenne grigioverde degli ulivi, lei si era sentita nell'animo una leggerezza che aveva creduto le fosse per sempre preclusa.


mercoledì 19 settembre 2012

Da "Una storia semplice", di Leonardo Sciascia (Adelphi, 1989)




Il telefonista annotò l'ora e il nome della persona che telefonava: Giorgio Roccella. Aveva una voce educata, calma, suadente. 'Come tutti i folli' pensò il telefonista. Chiedeva infatti, il signor Roccella, del questore: una follia, specialmente a quell'ora e in quella particolare serata.
Il telefonista si sforzò allo stesso tono, ma riuscendo a una caricaturale imitazione, resa più scoperta dalla freddura con cui rispose: "Ma il questore non è mai in questura a quest'ora", freddura che in quegli uffici abitualmente correva sulle frequenti assenze del questore. E aggiunse: "Le passo l'ufficio del commissario", col gusto di far dispetto al commissario, che certo stava in quel momento per lasciare l'ufficio.
Il commissario si stava infatti infilando il cappotto. Prese il telefono il brigadiere che aveva tavolo ad angolo con quello del commissario. Ascoltò, cercò sul tavolo una matita e un pezzo di carta; e mentre scriveva rispondeva che sì, sarebbero andati al più presto possibile ma appena possibile, così collocando la possibilità in modo da non illudere sulla prestezza.


domenica 16 settembre 2012

Da "Il sorriso ai piedi della scala", di Henry Miller (Feltrinelli, 1980)




Antoine alzò gli occhi, lo guardò fisso per alcuni lunghissimi minuti. Sembrava che si guardasse in uno specchio. Augusto a poco a poco finì per capire che cosa passava in quel momento per la testa di Antoine.

"Sono io, sono Augusto," gli disse piano.

"Lo so," rispose Antoine. "Sei tu... ma potrei anche esser io. Non se n'accorgeranno, loro. E tu sei grande e io non sono mai stato nessuno."

"Pensavo la stessa cosa anch'io un minuto fa," disse Augusto con un sorriso assorto. "È strano. Un fondo di colore, qualche sgorbio bianco, un costume da pagliaccio: quanto poco basta a fare di un uomo un nulla! Questo noi siamo: nulla. Nulla e tutto, nessuno e ciascuno allo stesso tempo. Non noi applaudono, ma se stessi."


mercoledì 12 settembre 2012

Da "Felicità e altri racconti", di Katherine Mansfield (La Biblioteca Ideale Tascabile, 1995)




da FELICITÀ

Nonostante i suoi trent'anni, Bertha Young viveva ancora momenti come questo, in cui aveva voglia di correre invece di camminare, di eseguire passi di danza su e giù per il marciapiede, giocare al cerchio, lanciare in aria qualcosa e poi riafferrarla, oppure starsene lì, ferma, a ridere, a ridere di nulla, proprio di nulla. Che cosa ci volete fare se avete trent'anni e, voltando l'angolo della strada, vi sentite sopraffatti, all'improvviso, da un senso di felicità, di assoluta felicità, come se aveste d'un tratto inghiottito un pezzo lucente di quel tardo sole pomeridiano che vi bruciasse dentro, spandendo una pioggerella di scintille in ogni intima fibra, in ogni dito delle mani e dei piedi?
Oh, non c'è dunque altro modo di esprimere questo stato d'animo senza essere "ebbro e sconvolto"? Com'è idiota, la civiltà! Perchè avere un corpo, se bisogna tenerlo chiuso in un astuccio come un rarissimo violino?

domenica 9 settembre 2012

Da "Spingendo la notte più in là", di Mario Calabresi (Mondadori, 2009)




Non molto tempo dopo la mia nascita il quotidiano "Lotta Continua" ritraeva mio padre con me in braccio intento a insegnarmi a decapitare, con una piccola ghigliottina giocattolo, un bambolotto che rappresentava un anarchico.

mercoledì 5 settembre 2012

Da "La fattoria degli animali", di George Orwell (Mondadori, 2000)




"L'Uomo è l'unica creatura che consumi senza produrre. Non dà latte, non depone uova, è troppo debole per tirare l'aratro, non corre abbastanza veloce da catturare un coniglio. Però è padrone di tutti gli animali. Li fa lavorare e in cambio concede loro il minimo necessario alla sussistenza, tenendo il resto per sè"


domenica 2 settembre 2012

Da "Satura", di Eugenio Montale (Mondadori, 2009)




HO SCESO, DANDOTI IL BRACCIO, ALMENO UN MILIONE DI SCALE


      Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
      e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
      Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
      Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
5    le coincidenze, le prenotazioni,
      le trappole, gli scorni di chi crede
      che la realtà sia quella che si vede.