Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

martedì 29 ottobre 2013

Da "Il bar sotto il mare", di Stefano Benni (Feltrinelli, 2006)




da PROLOGO

Non so dire se cercassi qualcosa, o se fossi inseguito: ricordo che erano tempi difficili ma io ero, per qualche strana ragione, felice.
Improvvisamente dal sipario del buio uscì un vecchio elegante, vestito di nero, con una gardenia all'occhiello, e passandomi vicino si inchinò leggermente. Mi misi a seguirlo incuriosito. Andavo di buon passo ma faticavo a stargli dietro, perché sembrava che procedesse volando a un palmo da terra, e i suoi piedi non facevano rumore sul legno umido del molo.
Il vecchio si fermò un attimo, tracciando in aria gesti con cui sembrava calcolare la posizione delle stelle. Poi annuì con la testa e prese a discendere una scaletta che dal molo calava nelle acque scure.
- Si fermi signore - gridai - non lo faccia!
Ma il vecchio non mi ascoltò, in breve tempo fu nell'acqua fino alla cintola, e poco dopo scomparve.
Senza indugiare, vestito com'ero, mi tuffai. L'acqua era gelida, e sul fondale melmoso giacevano detriti e cordami. Mi guardai intorno cercando tracce dell'uomo e con mia grande meraviglia vidi, sospesa a pochi metri dal fondo, un'insegna luminosa con la scritta "Bar". Verso di essa si dirigeva tranquillamente, camminando come un palombaro, il vecchio della gardenia. Come in un sogno nuotai anch'io verso quell'insegna che illuminava l'acqua di azzurro.

lunedì 21 ottobre 2013

Da "L'abito di piume", di Banana Yoshimoto (Feltrinelli, 2005)




Alzai lo sguardo verso il cielo azzurro e capii di non essere cambiata affatto da quando ero bambina. Una scoperta di cui mi meravigliai.
Come se nell'animo delle persone, il fulcro da cui scaturiscono i sentimenti non cambiasse mai.

sabato 12 ottobre 2013

Da "Ortiche", di Alice Munro (Einaudi, su licenza per Gruppo Editoriale L'Espresso, 2008)




Mike McCallum era più giovane di mio padre, ma aveva un figlio di un anno e due mesi maggiore di me. Il ragazzo viveva con il genitore in stanze d'albergo e pensioni, dovunque suo padre avesse da fare, e frequentava ogni volta la scuola più vicina. Si chiamava anche lui Mike McCallum.
Conosco esattamente la sua età perché quella è una cosa di cui i bambini si informano subito, uno degli elementi base su cui negoziare la possibilità di un'amicizia.

lunedì 23 settembre 2013

Da "Mille splendidi soli", di Khaled Hosseini (Edizioni Piemme, 2007)




C'era un punto panoramico, al limite della radura, che Mariam amava in modo particolare. Si sedette sull'erba asciutta e tiepida. Da lì poteva ammirare Herat, che si stendeva ai suoi piedi come il plastico di un gioco infantile: il Giardino delle Donne a nord della città, il bazar Char-suq e le rovine dell'antica fortezza di Alessandro Magno a sud. Riusciva a distinguere in lontananza i minareti, come dita polverose di giganti, e le strade che immaginava pullulanti di persone, di carri, di muli. Osservava le rondini scendere in picchiata o volare in tondo sopra la sua testa. Invidiava quegli uccelli. Loro erano stati a Herat.


martedì 17 settembre 2013

Da "Gli anni veloci", di Carmine Abate (Mondadori, 2011)




Che la vita è comunque bella: ecco cosa non devi mai scordare.

Erano sempre giornate di sole. "Ti raccomando..." diceva la madre sulla soglia di casa. Il ragazzino corrugava la fronte pensieroso, come se quella parola sospesa nascondesse apprensioni o pericoli che gli sfuggivano. Poi però non perdeva altro tempo: montava in bici per primo e con uno scatto a testa bassa raggiungeva il lungomare. Solo allora, senza mai rallentare la corsa, liberava il grido di felicità che tratteneva in gola dal mattino.
All'improvviso sentiva alle spalle la voce del padre: "Dài, Nicola, più svelto, più svelto!". Lui stringeva i denti e pedalava a tutta forza, non voleva arrivare ultimo al traguardo, ma le bici di Mario e del padre lo superavano veloci.
Attraversavano la zona del porto e il viale alberato sotto il Castello di Carlo V, poi costeggiavano la strada sterrata verso l'uscita della città.

lunedì 9 settembre 2013

Da "Chi ti ama così", di Edith Bruck (Marsilio, 1998)




Io avevo appena sette anni, andavo a scuola ed ero felice perché quello era l'unico rifugio dalle liti familiari. Negli altri giorni, quando non potevo più sopportare nessuno, andavo nel bosco vicino e, distesa nel fango ghiacciato, piangevo per lunghe ore. Quando mi doleva la schiena e avevo fame me ne tornavo a casa dove mia madre mi strofinava le mani e i piedi per riscaldarmi. Molte volte uscivo proprio per questo: quando tornavo, mia madre era affettuosa e con le sue mani grassocce e vellutate mi accarezzava con tenerezza.


lunedì 2 settembre 2013

Da "Un covo di vipere", di Andrea Camilleri (Sellerio editore Palermo, 2013)




Che la 'ntricata foresta dintra alla quali lui e Livia si erano vinuti ad attrovari, senza sapiri né pircome né pirchì, fosse virgini non c'era nisciun dubbio pirchì 'na decina di metri narrè avivano viduto un cartello di ligno 'nchiovato al tronco di un àrbolo supra il quali ci stava scrivuto con littre marchiate a foco: foresta vergine. Parivano Adamo ed Eva in quanto erano tutti e dù completamenti nudi e si cummigliavano le cosiddette vrigogne, le quali, a pinsarici bono, non avivano nenti di vrigognoso, con le classiche foglie di fico che si erano accattate da 'na bancarella all'entrata a un euro l'una ed erano fatte di plastica. Siccome erano rigide, davano tanticchia di fastiddio. Ma quello che cchiù fastiddiava era il caminare a pedi nudi.

lunedì 26 agosto 2013

Da "Milioni di milioni", di Marco Malvaldi (Sellerio editore Palermo, su licenza per Mondolibri, 2012)



Ancor prima di arrivare in paese, la strada che porta a Montesodi Marittimo non è di quelle a cui uno possa restare indifferente.
Il tragitto, una volta presa la svolta che indica "Campagnaia-Montesodi M.mo" in un banale bianco su fondo blu che non lascia presagire nulla di quanto vi aspetta, incomincia quasi subito a salire e a snodarsi in modo cocciuto tra i boschetti di lecci; un po' come se volesse dimostrarvi che è troppo facile fare come le strade comuni e cercare il tracciato di minima azione tra le valli che si formano in mezzo alle colline, e che una carreggiata in salute può fare di meglio.

lunedì 19 agosto 2013

domenica 7 luglio 2013

Da "Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico", di Luis Sepúlveda (Guanda, 2012)




Potrei dire che Mix è il gatto di Max, oppure che Max è l'umano di Mix, ma come ci insegna la vita non è giusto che una persona sia padrona di un'altra persona o di un animale, quindi diciamo che Max e Mix, o Mix e Max, si vogliono bene.


domenica 30 giugno 2013

Da "Ti sento, Giuditta e altri racconti", di Piero Chiara (Mondadori, su licenza per I libri del Sole 24 ORE, 2012)




da Il pretendente Menado

Arrivando a San Sebastiano, trovammo che alla fine di agosto era già autunno. Dal caldo di Granada e dal grigio degli ulivi, risalendo a nord, eravamo passati al fresco e al verde cupo dei Paesi Baschi: un verde che si rifletteva sempre meno denso e già venato di rame nelle acque dell'Urumea.
Un taxista ci aveva consigliato un albergo di fronte al mare, a metà di quel cerchio che la spiaggia della Concha disegna tra due promontori, formando un lago tondo, a forma di conchiglia. Dalla finestra vedevo il mare e le sponde verdi che lo chiudevano, i Grands Hôtels chiusi, e la promenade interminabile, coi lampioni monumentali a tre palle in stile Louis Blanc. La pigra vita di San Sebastiano, in quei giorni quasi deserta, l'aspetto fin de siècle della città e il suo lusso decaduto dei tempi di Maria Cristina, ma più ancora il trovarci insieme dopo un così lungo giro, quasi fuggiaschi e complici, fece di noi un gruppo tanto omogeneo che tutti prendevano Yvette e me per buoni coniugi e la vecchia per una cara suocera. Passavamo dalle panche dei giardini alle terrazze coperte dei caffè, calmi e sereni come persone che vedono con tranquilla malinconia finire l'estate e la vacanza.

domenica 9 giugno 2013

Da "Un mese con Montalbano", di Andrea Camilleri (Mondadori, 2011)




da "Par condicio"

Quando Montalbano arrivò fresco di nomina al commissariato di Vigàta, il suo collega, nel fargli le consegne, tra l'altro lo portò a conoscenza che il territorio di Vigàta e dintorni era oggetto di contenzioso tra due "famiglie" mafiose, i Cuffaro e i Sinagra, le quali, volenterosamente, tentavano di mettere fine all'annosa disputa facendo ricorso non alle carte bollate ma a micidiali colpi di lupara.
"Lupara? Ancora?!" stupì Montalbano parendogli quel sistema, come dire, arcaico, in tempi nei quali le mitragliette e i kalashnikov s'accattavano nei mercatini paesani a tre un soldo.
"Per via che i due capocosca rivali sono tradizionalisti" spiegò il collega. "Don Sisìno Cuffaro ha passato l'ottantina mentre don Balduccio Sinagra ha salutato gli ottantacinque. Devi capirli, sono attaccati ai ricordi di giovinezza e la lupara è tra queste care memorie. Don Lillino Cuffaro, figlio di don Sisìno, che ha passato la sissantina, e don Masino Sinagra, figlio cinquantino di don Balduccio, mordono il freno, vorrebbero succedere ai padri e ammodernarsi, ma si scantano dei genitori che sono ancora capaci di pigliarli a schiaffi sulla pubblica piazza."
"Stai babbiando?"
"Per niente. I due vecchi, don Sisìno e don Balduccio, sono persone posate, vogliono andare sempre in parità. Se uno della famiglia Sinagra ammazza a uno della famiglia Cuffaro, ci puoi mettere la mano sul foco che nel giro di manco una simàna uno dei Cuffaro spara a uno dei Sinagra. A uno e uno solo, bada bene."
"E attualmente a quanto stanno?" spiò sportivamente Montalbano.
"Sei a sei" fece serio serio il collega. "Ora il tiro in porta spetta ai Sinagra."

domenica 2 giugno 2013

Da "La crespa Cornelia", di Henry James (Sellerio editore Palermo, 1998)




L'invariabile novità che emanava da ogni cosa all'intorno avrebbe offuscato, a dire il vero, quel buonumore, mettendolo a dura prova; la dimora di Mrs Worthingham, dinanzi alla quale s'era fermato, aveva la lucentezza del denaro nuovo, il bagliore d'una moneta fior di conio che risuona per la prima volta su un bancone, e che per questo sembra meritare, in una transazione, qualcosa di più dell'effettivo valore.

domenica 26 maggio 2013

Da "Gli altri fantasmi", di Maurizio de Giovanni (Edizioni Spartaco, 2012)




da "Le anime di Napoli"

Alcune città sono sedimentarie: i tempi e le generazioni non scompaiono ma rimangono ostinatamente a convivere con i nuovi, retrocedendo nell'ombra e non rinunciando a manifestarsi appena possibile. Continuano a rimanere attaccati alla vita ripetendo quello che hanno da dire, vivendo delle proprie passioni e mischiandosi ai vivi in modo da non poter essere distinti da essi.

domenica 5 maggio 2013

Da "Ragazzi di vita", di Pier Paolo Pasolini (Garzanti, 2010)




dalla Prefazione di Vincenzo Cerami

Dice Pasolini a proposito di Una vita violenta: "La 'mimesis' dialettale contaminata con la prosa letteraria è il più rischioso, massacrante, esasperante lavoro letterario che si possa affrontare".

domenica 28 aprile 2013

Da "Il ballo", di Irène Némirovsky (Newton Compton Editori, 2013)




La signora Kampf entrò nello studio richiudendosi dietro la porta in maniera così brusca che tutte le gocce del lampadario di cristallo, mosse dalla corrente d'aria, si misero a suonare un tintinnio puro e leggero di sonaglio. Ma Antoinette non aveva smesso di leggere, tanto china sullo scrittoio da toccare il libro con i capelli. Sua madre si mise a osservarla per un po' senza parlare; poi le si piantò davanti a braccia conserte.
"Potresti scomodarti", le urlò contro, "quando vedi tua madre, figlia mia, no? Hai il didietro incollato alla sedia? Che bei modi raffinati... Dov'è Miss Betty?".
Nella stanza accanto il rumore di una macchina da cucire ritmava una canzone, un "What shall I do, what shall I do when you'll be gone away"..., cantata languidamente con una voce stonata e fresca.
"Miss", chiamò la signora Kampf, "venga qui".

domenica 21 aprile 2013

Da "Pappagalli verdi", di Gino Strada (Feltrinelli, 2008)




Non mi illudo certo di avere partorito un libro di valore.
Spero solo che si rafforzi la convinzione, in coloro che decideranno di leggere queste pagine, che le guerre, tutte le guerre sono un orrore. E che non ci si può voltare dall'altra parte, per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio.

G.S.

domenica 14 aprile 2013

Da "Il sorriso di Angelica", di Andrea Camilleri (Sellerio, 2010)




Uno che si metti a parlari all'improvviso nel sonno non può diri che cose vere, le virità che tiene dintra di lui, non s'arricordava d'aviri leggiuto che nel sogno si potivano diri farfanterie, o 'na cosa per l'altra, pirchì uno mentri che dormi è privo di difisi, disarmato e 'nnuccenti come a un picciliddro.

domenica 7 aprile 2013

Da "Don Giovanni", di Dan Fante (Edizioni Spartaco, 2009)




JONATHAN (...) Dozzine di volte ho visto la donna sbagliata distruggere un uomo, proiettare un'ombra perniciosa sul suo animo, spegnerne la decenza e la creatività. Guai a minimizzare l'impatto di una femmina distruttiva.


domenica 24 marzo 2013

Da "Il codice da Vinci", di Dan Brown (Mondadori, 2009)




Nonostante l'oscurità, Langdon aveva percepito la loro sorpresa e aveva provato dentro di sé un calore familiare. Era il motivo per cui insegnava. "Come vedete, c'è un ordine sotto l'apparente caos del mondo. Quando gli antichi hanno scoperto phi, erano certi di avere trovato uno dei mattoni usati da Dio per la costruzione del mondo e avevano venerato la natura per questa sua caratteristica. E possiamo capirne la ragione. La mano di Dio è evidente nella natura e ancora oggi esistono religioni pagane che adorano la Madre Terra. Molti di noi celebrano la natura come i pagani, ma non lo sanno. Il Calendimaggio ne è un esempio perfetto, la festa della primavera, la terra che ritorna alla vita per darci i suoi frutti. La misteriosa magia della proporzione divina è stata scritta all'inizio dei tempi, l'uomo si limita a giocare secondo le regole della natura, e poiché l'arte è il tentativo umano di imitare la bellezza della mano del Creatore, questo semestre vedremo molti esempi della proporzione divina."
Nel corso della mezz'ora successiva, Langdon aveva proiettato diapositive di opere d'arte di Michelangelo, Dürer, Leonardo e molti altri, che dimostravano il rigoroso - e intenzionale - rispetto della proporzione divina nella composizione. Langdon aveva mostrato il numero phi nelle dimensioni architettoniche del Partenone, nelle piramidi egizie, e persino nel palazzo newyorkese delle Nazioni Unite. Il numero phi compariva nella struttura delle sonate di Mozart, nella Quinta Sinfonia di Beethoven, oltre che nelle opere di Bartók, Debussy e Schubert. Il numero phi, aveva spiegato, era stato anche usato da Stradivari per calcolare la posizione esatta dei fori nella costruzione dei suoi famosi violini.
(...) "Ancora un'osservazione. Oggi abbiamo solamente sfiorato Leonardo, ma questo semestre lo incontreremo ancora molte volte. Leonardo era notoriamente devoto alle antiche tradizioni della dea. Domani vi mostrerò il suo affresco L'Ultima Cena, che è uno dei più stupefacenti tributi al femminino sacro che si possa incontrare."
"Scherza?" aveva chiesto qualcuno. "Pensavo che L'Ultima Cena riguardasse Gesù!"
Langdon gli aveva strizzato l'occhio. "Ci sono simboli nascosti in luoghi che non riuscireste mai a immaginare."

domenica 10 marzo 2013

Da "Venuto al mondo", di Margaret Mazzantini (Mondadori, 2008, ebook)




Esco sul terrazzo, guardo il solito. Il palazzo dirimpetto al nostro, le persiane accostate. Il bar con l'insegna spenta. C'è il silenzio della città, polvere di rumori lontani. Roma dorme. Dorme la sua festa, il suo pantano. Dormono le periferie. Dorme il papa, le sue scarpe rosse sono vuote.

domenica 3 marzo 2013

Da "Amore e sesso fantareale", di AA. VV. (Omero Editore, 2010)




da Edward di Twilight
di Alessio Cappelli


Edward di Twilight,
amore mio, vieni il prima possibile, ti prego. Mio padre è un mostro e non vuole che vado a vedere il film dove ci sei te. Lo odio. Vieni, ti scongiuro, e aiutami. Ti dico subito dove sto. Tu arrivi a Roma, fai la Prenestina verso fuori, prendi il 112, o il Largo Preneste.

domenica 24 febbraio 2013

Da "La bellezza e l'inferno - Scritti 2004-2009", di Roberto Saviano (Mondadori, 2009)




da Il pericolo di leggere

Scrivere, in questi anni, mi ha dato la possibilità di esistere. (...) Se qualcuno ha sperato che vivere in una situazione difficilissima potesse indurmi a nascondere le mie parole, ha sbagliato. Non le ho nascoste, non le ho perdute. (...) Scrivere, non fare a meno delle mie parole, ha significato non perdermi. Non darmi per vinto. Non disperare.
(...) Sono gentilissimi, organizzatissimi. Però ti trattano con dei guanti che non sai se sono da cerimonia o da artificieri. E tu non capisci se sei più un pacchetto regalo o un pacco-bomba.
(...) Però puoi scrivere. Devi scrivere. Devi e vuoi continuare.
(...) Bisogno di distruggere tutto ciò che può essere desiderio e voglia: questo è il cinismo. Il cinismo è l'armatura dei disperati che non sanno di esserlo.
(...) Oggi tutte queste idiozie da rancorosi o semplicemente da chi avrebbe tanto voluto avere una qualche visibilità mi fanno quasi ridere, e anzi le conservo in una sorta di stupidario che consiglio di raccogliere a chiunque incorra in un destino simile al mio: emergere, soprattutto al Sud, in un contesto dove il solo diritto di respirare lo devi spesso barattare con la compromissione dell'anima e la castrazione di ogni sogno.
(...) Per me scrivere è sempre il contrario di tutto questo. Uscire. Riuscire a iscrivere una parola nel mondo, passarla a qualcuno come un biglietto con un'informazione clandestina, uno di quelli che devi leggere, mandare a memoria e poi distruggere: appallottolandolo, mischiandolo con la tua saliva, facendolo macerare nel tuo stomaco. Scrivere è resistere, è fare resistenza.
(...) Se ho avuto un sogno, è stato quello di incidere con le mie parole, di dimostrare che la parola letteraria può ancora avere un peso e il potere di cambiare la realtà. Pur con tutto quello che mi è successo, la mia "preghiera", grazie ai miei lettori, è stata esaudita. Ma sono anche divenuto altro da quel che avevo sempre immaginato. Ed è stato doloroso, difficile da accettare, finché non ho capito che nessuno sceglie il suo destino. Però può sempre scegliere la maniera in cui starci dentro.
(...) Ormai non temo più di servirmi di ogni mezzo - tv, web, radio, musica, cinema, teatro -, perché credo che i media, se usati senza cinismo e senza facile furbizia, siano esattamente quel che significa il loro nome. Mezzi che consentono di rompere una coltre di indifferenza, di amplificare quel che spesso già da solo dovrebbe urlare al cielo.
(...) Ecco allora quello che scrive Camus: "Ma l'inferno ha un tempo solo, la vita un giorno ricomincia".
È quello che credo, spero, voglio e desidero anch'io.

domenica 10 febbraio 2013

Da "Era ormai domani, quasi", di Enrico Vaime (Aliberti, 2010)




Si sentirono delle urla bestiali, dicevo. Io, come molti, stavo sdraiato sul divano di casa (una volta le case avevano "il divano". "I divani" - due o addirittura più - arrivarono poi. Il divano un tempo era uno. E stava nel soggiorno che alcuni chiamavano "salotto". C'erano a volte anche due poltroncine a completare la scenografia micro-borghese. Noi avevamo anche un puff).

domenica 3 febbraio 2013

Da "Lo straniero", di Albert Camus (Bompiani, 1999)




Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall'ospizio: "Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti". Questo non dice nulla: è stato forse ieri.

domenica 27 gennaio 2013

Da "Se questo è un uomo", di Primo Levi (La Biblioteca di Repubblica, 2002)




da Prefazione

A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che "ogni straniero è nemico". Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager.

domenica 20 gennaio 2013

Da "Il giorno prima della felicità", di Erri De Luca (Feltrinelli, 2011)




Davanti alla porta da difendere c'era una pozzanghera, per una perdita d'acqua. All'inizio del gioco era limpida, potevo vederci di riflesso la bambina ai vetri, mentre la mia squadra attaccava. Non la incontravo, non sapevo com'era il resto del corpo, sotto la faccia appoggiata alle mani. Nei giorni di sole dal mio finestrino arrivavo a risalire a lei attraverso un rimbalzo di vetri. Restavo a guardarla finché non mi lacrimavano gli occhi per la luce. I vetri chiusi delle finestre del cortile permettevano al riflesso con lei dentro di affacciarsi fino al mio angolo d'ombra. Quanti giri faceva il suo ritratto per raggiungere il mio finestrino. Da poco in un appartamento del palazzo era arrivato un apparecchio televisivo. Sentivo dire che si vedevano persone e animali che si muovevano ma senza i colori. Invece io potevo guardare la bambina con tutto il marrone dei capelli, il verde del vestito, il giallo che ci metteva il sole.

domenica 13 gennaio 2013

Da "Una voce di notte", di Andrea Camilleri (Sellerio editore Palermo, 2012)




Arrivò 'n commissariato e, come sempri in quel jorno dell'anno, Catarella gli s'apprecipitò 'ncontro commosso e col vrazzo stinnuto.
"Tanta e tantissima auguranza di tutto cori di longa vitissima e salutissima e filicissima, dottori!".
Montalbano prima gli stringì la mano, po', per un impulso 'mproviso, se lo stringì al petto.
A Catarella spuntaro le lagrime.
Tri minuti doppo che si era assittato nel sò ufficio, s'appresentò Fazio.
"Dottore, auguri vivissimi da parte mia e macari da parte di tutto il commissariato" disse.
"Grazii e assettati".
"Non posso, dottore. Devo raggiungiri il dottor Augello, il quale mi ha detto di farigli gli auguri, al Piano Lanterna".
"Pirchì?".
"Stanotti ci fu un furto con scasso in un supermercato".
"Arrubbaro qualichi detersivo?".

domenica 6 gennaio 2013

Da "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare", di Luis Sepúlveda (Salani Editore, 1999)




Ai piedi del vecchio ippocastano i quattro gatti iniziarono a miagolare una triste litania, e ai loro miagolii si aggiunsero ben presto quelli degli altri gatti delle vicinanze, e poi quelli dei gatti dell'altra riva del fiume, e ai miagolii dei gatti fecero coro gli ululati dei cani, lo straziante cinguettio dei canarini in gabbia, il garrito delle rondini nei loro nidi, il triste gracidio delle rane, e perfino le grida stonate dello scimpanzè Mattia.
Le luci di tutte le case di Amburgo si accesero, e quella notte tutti gli abitanti si chiesero le ragioni della strana tristezza che improvvisamente si era impadronita degli animali.