Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

domenica 13 gennaio 2013

Da "Una voce di notte", di Andrea Camilleri (Sellerio editore Palermo, 2012)




Arrivò 'n commissariato e, come sempri in quel jorno dell'anno, Catarella gli s'apprecipitò 'ncontro commosso e col vrazzo stinnuto.
"Tanta e tantissima auguranza di tutto cori di longa vitissima e salutissima e filicissima, dottori!".
Montalbano prima gli stringì la mano, po', per un impulso 'mproviso, se lo stringì al petto.
A Catarella spuntaro le lagrime.
Tri minuti doppo che si era assittato nel sò ufficio, s'appresentò Fazio.
"Dottore, auguri vivissimi da parte mia e macari da parte di tutto il commissariato" disse.
"Grazii e assettati".
"Non posso, dottore. Devo raggiungiri il dottor Augello, il quale mi ha detto di farigli gli auguri, al Piano Lanterna".
"Pirchì?".
"Stanotti ci fu un furto con scasso in un supermercato".
"Arrubbaro qualichi detersivo?".

...

Conzò la tavola nella verandina, tirò fora dal frigorifero il piatto con una grossa porzioni di purpo, lo portò fora, lo condì con oglio e limoni. Accomenzò a mangiarisillo con una certa soddisfazioni per la vendetta che si stava pigliando a scascione dello scanto matutino. Era tinnirissimo, Adelina l'aviva cotto a puntino.
Tutto 'nzemmula gli tornò a menti d'aviri liggiuto, nel libro d'uno scienziato di nomi Alleva che s'occupava d'armàli, che i purpi erano 'ntelligentissimi. Ristò per un momento con la forchetta a mezz'aria. Po' arriflittì che il distino dell'intelligenti era d'essiri mangiati sempri e comunqui dai cretini cchiù furbi. Arriconobbe senza nisciuna difficortà  d'essiri un cretino e ripigliò a mangiarisillo.
Tanto, pisanti com'era a digiririsi, il purpo si sarebbi a sua vota vindicato non facennolo dormiri. Pari e patta.

...

Nell'ultimi anni, e forse macari per l'avanzari dell'età, sempri meno arrinisciva a controllari lo sdegno, e la conseguenti rivolta, che gli viniva provocato dall'appoggio, cchiù o meno scoperto, che un certo potiri politico dava, attraverso deputati e senatori collusi, alla mafia. E ora stavano accomenzando a fari 'na serie di liggi che con la legalità non avivano nenti a chiffare. Che paìsi era quello indove un ministro che era stato 'n carrica 'na vota aviva ditto che con la mafia bisognava convivere? Che paìsi era quello indove un senatore, connanato in primo grado per collusione con la mafia, si era riprisintato ed era stato rieletto? Che paìsi era quello indove un deputato regionali, connannato in primo grado per aviri aiutato mafiosi, viniva promosso senatori? Che paìsi era quello indove uno che era stato ministro e presidenti del consiglio 'na gran quantità di vote, aviva avuto riconosciuto in via definitiva, ma prescritto, il reato di collusione con la mafia e continuava a fari il senatore a vita?
Il fatto stisso che 'sta genti non si dimittiva spontaneamenti, stava a dimostrare di quali pasta erano fatti.

...

 "Catarella? Stammi a sintiri bono. Cerca a Roma il nummaro della sedi cintrali dell'HP...".
"Sissi, l'accapii".
"Che hai capito?".
"Che vossia voli il nummaro della sedi cintrali".
"Sì, ma di quali società?".
"Dottori, ma vossia non mi dissi di quali società, mi dissi sulo di circari il nummaro della sedi cintrali, po' vossia mi spiò se l'avivo accapito e io ci arrispunnii che l'accapii".
Finalmenti a Montalbano fu chiaro l'equivoco.
"No, Catarè, non dissi accapisti, è la società che si chiama Acca Pi".
"Ora accapii, dottori, dimanno compressione e pirdonanza. E doppo che fazzo?".

...

"Catarè, sintimi bono. Dovresti chiamare il commissariato di Fiacca e informariti se sanno se in paìsi abita un ex maresciallo di Finanza che di cognome fa Laganà. Ripetilo".
"Lacanna".
"Ma quali canna e canna! Laganà. Ripeti".
"Laghianà".
"Leva la i".
"La livai".
"Dillo".
"Laganà".
"Bravo, non te lo scordari".

...

La prima cosa che fici appena trasuto 'n commissariato fu di firmarisi davanti a Catarella, cavari fora il registratori e ammostrarglielo.
"Catarè, secunno tia questo che è?".
Catarella non ebbi 'n attimo d'esitazioni.
"Dottori, questo sarebbi che è un riggistratori addiggitalio".
"Sarebbi a diri?".
"Sarebbi a diri che sarebbi un mippitrì ammodifiquato".
"E che è un mippitre modificato?".
"Un ammodifiquato mippitrì, dottori".
Meglio pigliare 'na strata diversa.
Masannò avrebbiro passato la matinata fermi sempri alla stissa dimanna e alla stissa risposta.
"E a che serve?".
"A tanti cosi, dottori. Prisempio, po' essiri un riggistratori che po' si 'nfila nel computeri e...".
"Ma si deve sintiri per forza col computer opuro si pò fari 'na copia di quello che c'è 'nciso con la stampanti?".
"Certissimamenti certo, dottori".
"Allura sentilo e fammi 'na copia".
"Di tutto?".
"Di tutto. Quanto tempo ti ci voli?".
"Dottori, non ce lo saccio diri".
"Pirchì?".
"Pirchì tutto addipenni di a secunno a di quello che il mippitrì teni dintra a di sé. Un mippitrì pò conteniri la divina quammedia, i quodici civili e pinali, la storia dell'univesso criato, il vangelio, la bibbìa, tutte le canzunette di Di Caprio...".
"Ma Di Caprio canta?".
"Avoglia, dottori! Sunno anni che canta e stracanta! Ma comu, non se l'arricorda quella canzunetta che fa 'na voci, 'na chitarra e...".
"Ma quello semmai è Peppino Di Capri!".
"E io che dissi? Non dissi Di Caprio?".
Meglio lassari perdiri.

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