Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

mercoledì 12 settembre 2012

Da "Felicità e altri racconti", di Katherine Mansfield (La Biblioteca Ideale Tascabile, 1995)




da FELICITÀ

Nonostante i suoi trent'anni, Bertha Young viveva ancora momenti come questo, in cui aveva voglia di correre invece di camminare, di eseguire passi di danza su e giù per il marciapiede, giocare al cerchio, lanciare in aria qualcosa e poi riafferrarla, oppure starsene lì, ferma, a ridere, a ridere di nulla, proprio di nulla. Che cosa ci volete fare se avete trent'anni e, voltando l'angolo della strada, vi sentite sopraffatti, all'improvviso, da un senso di felicità, di assoluta felicità, come se aveste d'un tratto inghiottito un pezzo lucente di quel tardo sole pomeridiano che vi bruciasse dentro, spandendo una pioggerella di scintille in ogni intima fibra, in ogni dito delle mani e dei piedi?
Oh, non c'è dunque altro modo di esprimere questo stato d'animo senza essere "ebbro e sconvolto"? Com'è idiota, la civiltà! Perchè avere un corpo, se bisogna tenerlo chiuso in un astuccio come un rarissimo violino?

(...)

Le finestre del soggiorno si aprivano su un balcone che dava sul giardino. In fondo, contro il muro, si levava un pero alto e snello nella pienezza di una rigogliosa fioritura; era perfetto, immobile contro il cielo verde giada. Bertha non poté fare a meno di sentire, anche da quella distanza, che non un bocciolo, non un petalo di esso era appassito. Giù, sotto il balcone, le aiuole di tulipani fitte di fiori gialli e rossi sembravano protendersi nel crepuscolo.
Trascinandosi sulla pancia, un gatto grigio attraversò il prato, e un altro nero, la sua ombra, ne ricalcò le orme.

(...)

Fu in quell'istante che Miss Fulton le "diede un segno".
"Avete un giardino?" domandò la voce fredda, assonnata.
Era così squisito da parte sua, che tutto ciò che Bertha potè fare fu obbedire. Attraversò la stanza, tirò le tende e aprì le lunghe finestre.
"Ecco!" disse in un soffio.
E le due donne stettero l'una accanto all'altra in contemplazione dello svettante albero fiorito. Sebbene immobile, si sarebbe detto che, simile alla fiamma di una candela, si allungasse, si assottigliasse, tremolasse nell'aria serena, e sotto il loro sguardo diventasse sempre più alto, quasi a toccare l'orlo della tonda luna d'argento.

(...)

da EVASIONE

Il vento ora soffiava più forte. Erano giunti sulla sommità del colle. "Ohi-hip-ip-ip!" gridò il cocchiere, e si buttarono giù per la strada che andava a finire in una valletta, bordeggiava la costa del mare giù nel fondo e poi si snodava su per un leggero crinale dall'altra parte. Si tornavano a scorgere le case dalle persiane turchine chiuse contro la calura, dagli infocati giardini smaglianti, dai manti di gerani appesi ai muri rosati. Un contorno scuro segnava la costa: il bordo del mare era appena increspato da una bianca frangia di seta. La carrozza, lanciata nella discesa, traballava, si scuoteva. "Hii-ip!" gridò il cocchiere. Lei si aggrappò al sedile con tutt'e due le mani, chiuse gli occhi, mentre dal canto suo lui intuiva la convinzione di lei, che tutto ciò accadesse apposta: tutto quell'ondeggiare, quello sballottamento, era tutto voluto; e il responsabile comunque era lui, per far dispetto a lei che aveva chiesto se non si poteva andare un po' più in fretta.

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