Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

mercoledì 5 settembre 2012

Da "La fattoria degli animali", di George Orwell (Mondadori, 2000)




"L'Uomo è l'unica creatura che consumi senza produrre. Non dà latte, non depone uova, è troppo debole per tirare l'aratro, non corre abbastanza veloce da catturare un coniglio. Però è padrone di tutti gli animali. Li fa lavorare e in cambio concede loro il minimo necessario alla sussistenza, tenendo il resto per sè"


(...)

Il Vecchio Maggiore si schiarì la gola e cominciò a cantare. Aveva la voce roca, come lui stesso aveva detto, però cantava piuttosto bene e il motivo era galvanizzante: una via di mezzo fra Clementine e La Cucaracha. Il testo diceva:

Bestie d'Inghilterra e Irlanda,
bestie oppresse dal lavoro,
ascoltate il lieto annuncio:
tornerà l'età dell'oro.

Prima o poi vedrem quel giorno,
perirà l'Uomo tiranno,
nei fecondi campi inglesi
solo bestie correranno.

Basta con l'anello al naso,
mai più gioghi sul groppone,
niente più schiocchi di frusta,
in malora morso e sprone.

Impensabili ricchezze,
orzo, fieno e buon trifoglio,
grano, tuberi ed avena,
saran nostre in un sol giorno.

E nei lustri campi inglesi
l'acqua pura scorrerà,
soffieran miti le brezze
quando avrem la libertà.

Per quel giorno lotteremo,
e anche se morte verrà,
ogni mucca, oca e cavallo
col tacchin combatterà.

Bestie d'Inghilterra e Irlanda,
bestie oppresse dal lavoro,
diffondete il lieto annuncio:
tornerà l'età dell'oro.

Questa canzone provocò negli animali uno stato di eccitazione indescrivibile. Ancor prima che il Maggiore avesse finito di cantarla, gli altri avevano cominciato a farlo per proprio conto. Anche i più stupidi ne avevano almeno orecchiato la melodia e imparato qualche parola; i più intelligenti, come i maiali e i cani, in pochi minuti avevano già mandato a mente tutto il brano. Poi, dopo un paio di tentativi, con un boato impressionante, l'intera fattoria all'unisono eseguì Bestie d'Inghilterra. Le mucche la muggivano, i cani la uggiolavano, le pecore la belavano, i cavalli la nitrivano, le anatre la starnazzavano. La canzone incontrò così tanto favore che gli animali la ripeterono da cima a fondo cinque volte di fila, e avrebbero proseguito tutta la notte se non fossero stati interrotti.

(...)

Era una limpida serata primavera. L'erba e le siepi cariche di germogli erano indorate dai raggi obliqui del sole. Mai la fattoria - e il ricordo che quella era la loro fattoria, che ogni palmo apparteneva a loro, li colse quasi di sorpresa - era sembrata agli animali un luogo così desiderabile. Trifoglio abbassò lo sguardo lungo il fianco della collina e gli occhi le si riempirono di lacrime. Se avesse potuto dar voce ai suoi pensieri sarebbe stato per dire che non a questo avevano aspirato quando, anni prima, si erano impegnati per spodestare la razza umana. Quelle scene d'orrore e sterminio non erano ciò che avevano sognato la notte in cui per la prima volta il Vecchio Maggiore li aveva incitati alla Ribellione. L'idea che Trifoglio si era fatta del futuro, se mai se n'era fatta una, era quella di una società di animali affrancati dalla fame e dalla frusta, una società di uguali in cui ciascuno avrebbe lavorato secondo le proprie capacità e i più forti avrebbero protetto i più deboli, come aveva fatto lei proteggendo con la zampa quella sperduta nidiata d'anatroccoli la notte in cui il Maggiore aveva tenuto il discorso. Invece - e non capiva perché - erano arrivati tempi in cui nessuno osava dire ciò che pensava, in cui si aggiravano ovunque cani ringhiosi e crudeli, in cui si dovevano vedere i propri compagni fatti a pezzi dopo aver confessato delitti sconvolgenti. Non c'erano pensieri di rivolta o insubordinazione nella sua mente. Sapeva che, persino in quelle circostanze, adesso si stava molto meglio che ai tempi di Jones e che la necessità prioritaria era quella d'impedire il ritorno degli esseri umani. Qualsiasi cosa potesse accadere, lei sarebbe rimasta leale, avrebbe lavorato sodo, eseguendo gli ordini che le avrebbero impartito e accettando la guida di Napoleone. Eppure non era in questo che lei e gli altri animali avevano sperato, non era per questo che si erano tanto affannati. Non era per questo che avevano costruito il mulino a vento e sfidato le pallottole di Jones. Ecco quali erano i pensieri di Trifoglio, anche se le mancavano le parole per esprimerli.
Alla fine, sentendo di riuscire così in qualche modo a sostituire le parole che non era in grado di trovare, intonò Bestie d'Inghilterra. Gli animali che le erano seduti intorno si unirono al coro e per tre volte di seguito cantarono l'inno con intonazione perfetta, ma in un modo cadenzato e triste, come non l'avevano mai cantato prima.

(...)

Beniamino sentì qualcuno strofinargli il naso sulla spalla. Era Trifoglio. I suoi occhi, logorati dall'età, erano più velati che mai. Senza dir nulla, tirandolo delicatamente per la criniera, lo guidò fino all'estremità del granaio dov'erano scritti i Sette Comandamenti. Restarono un paio di minuti a fissare le lettere bianche sulla parete incatramata.
"Non ci vedo quasi più" disse infine lei. "Neanche da giovane sarei riuscita a leggere quello che c'è scritto qua sopra. Però mi sembra che il muro sia diverso. I Sette Comandamenti sono gli stessi di prima?"
Per una volta, Beniamino accettò di venir meno alle proprie regole e lesse per lei ciò che era scritto sul muro. Non c'era scritto più niente, se non un unico Comandamento che diceva:

TUTTI GLI ANIMALI SONO UGUALI
MA ALCUNI ANIMALI SONO PIÙ UGUALI DEGLI ALTRI

(...)

(dal saggio The freedom of the press, George Orwell, 1945)

Ora, quando si pretende libertà di parola e di stampa non si sta chiedendo una libertà assoluta. Un qualche grado di censura deve sempre esistere, o almeno continuerà a esistere fintanto che ci saranno società organizzate. Ma la libertà, come ha detto Rosa Luxemburg, è "libertà per gli altri". È lo stesso principio contenuto nelle celebri parole di Voltaire: "Detesto ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo".

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