Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

domenica 24 giugno 2012

Da "Le stelle che stanno giù", di Azra Nuhefendić (Edizioni Spartaco, 2011)




La distruzione della Vijećnica fu dichiarata, a livello internazionale, un crimine contro l'umanità. Già nel 1993 tanti nel mondo incominciarono a raccogliere i soldi per ristrutturarla. Anche in Italia furono stanziati finanziamenti. Da Sarajevo, il direttore della Vijećnica, il professore Boro Pištalo, si era rifugiato in Slovenia. Ma, ahimè, né il direttore, né nessun altro a Sarajevo vide mai un centesimo.


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La lingua che usiamo è il biglietto da visita più accurato. Dalle parole che uno adopera, da come si esprime è possibile capire se uno è educato o no, intelligente o stupido, arrogante o modesto, creativo o burocrate, ostile o innamorato, viaggiatore o sedentario... tutto questo, volendo, si può dedurre dal modo in cui uno parla, dalla lingua che adopera. La lingua identifica le persone vive, come il DNA i morti. È il particolare personale che sparisce per ultimo. Quando uno chiude gli occhi per sempre, spesso quello che si ricorda a lungo sono le ultime parole pronunciate.

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La lingua era l'arnese principale del mio mestiere. Facendo la giornalista ho capito il potere della parola scritta o parlata, ho imparato come i vocaboli ci facilitino a manipolare le persone, a controllare l'opinione pubblica, orientare la condotta della massa, come le parole ci permettano di cambiare il pensiero e, di conseguenza, l'atteggiamento di interi popoli.

Prima e durante la guerra in Bosnia, ho assistito all'uso delle parole come un'arma potentissima. La tv, i giornali, le radio seminavano l'odio e preparavano la guerra in modo efficace, come nelle guerre tradizionali lo faceva l'artiglieria. A causa delle parole scritte e dette la gente cambiava: gli amici diventavano nemici, i vicini avversari, i familiari estranei.
Ho capito quanto aveva ragione il noto dissidente e scrittore Mihajlo Mihajlov, quando sosteneva che la parola scritta e detta è l'arma più potente, «perchè con un coltello si possono uccidere una, due, o cinque persone, con un fucile se ne fanno fuori dieci, con una bomba se ne ammazzano cento, invice le vittime delle parole che istigano l'odio si contano a milioni».

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