Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

giovedì 12 luglio 2012

Da "L'educazione delle fanciulle", di Luciana Littizzetto e Franca Valeri (Einaudi, 2011)




LA NOIA

La noia è un bel tema. Non sto pensando alla noia della coppia. Non ho praticamente mai vissuto in coppia, insomma coi ritmi usurabili della coppia. Quando ho vissuto in due è stata sempre un'avventura.
Ma la noia fa parte della vita, bisogna abituarsi da bambini a sentirla arrivare e a dire: "No, non mi avrai". Perché i mezzi per sconfiggerla sono infiniti e molto più semplici di quel che si crede. Purché il problema riguardi te solo. La noia diventa pesante se devi condividerla. Da solo, è uno scherzo. Basta decidersi a riordinare un cassetto, fonte inesauribile di sorprese. Basta leggere un calendario appeso in cucina e contare quante feste ci sono, ognuna ha i sui problemi festivi. Basta cercare di ricordare un nome, si può riempire anche un'ora.
La noia siamo noi. Ho concluso dopo molti anni di vita che lei non esiste. E' un tema letterario.

F.V.


(...)

 IL PROBLEMA DELLE PAROLACCE

Io sono abbastanza educata e so che le parolacce non si devono dire, ma non riesco a non dirle. Perché sono liberatorie. Se le dici in maniera aggressiva sono volgari, se invece le usi per lo sberleffo perdono quella connotazione lì. Io non ce la faccio a non dirle. Vado proprio in astinenza. Non vendono neanche i cicles da masticare come quelli alla nicotina. Forse basterebbe fare con le parolacce come per le sigarette. Ne dici solo tre al giorno. Una dopo pranzo, una dopo cena e una la sera guardando la Tv. Quella te la godi proprio. Ti metti in poltrona, in pigiama, e via che ti liberi. Vespa di solito fa venire molta voglia. Il problema è che io sono un'estimatrice della parolaccia. Ci sono momenti nella vita in cui la parolaccia è d'obbligo. È proprio necessaria. La parolaccia vera, liberatoria, autentica. Odio quelli che dicono: "Porca trota, vaffanbrodo, mi stai rompendo i cosiddetti". Il massimo sono quelli che dicono: "Ammappalo". Se ci tenete ho un piano d'emergenza parolaccia. Dirò solo: "Non farmi girare i bumbastik, merdarola e Vacheron Constantin". Che è una marca di orologi, ma vien bene come parolaccia. E poi vaffanculo, perché ci sono cose nella vita che si risolvono solo con un vaffanculo.

L.L.


LA PAROLACCIA DELLA LITTIZZETTO

Il tuo "elogio della parolaccia" non tiene conto del fatto che l'hai personalizzata; è diventata un tuo simpatico vezzo, prima o poi ne butti lì una e sembra quasi che si sistemi bene nel linguaggio più che definibile "un buon italiano". Del resto l'ingresso delle parolacce nel vocabolario aggiornato credo sia riscontrabile.
Chi parla male anche senza scendere nel turpiloquio è come se lo facesse. Ne abbiamo quotidiani esempi. Ma ammetto, pur condividendo l'uso vocale, escludo quello letterario. È strano come la parolaccia passi quasi inosservata e anche divertente nei rapporti abituali, e sia insopportabile nello spettacolo. Non regge all'interpretazione. Al quarto "cazzo" verrebbe voglia di lasciare la platea.
Per concludere, non è il mio sfogo preferito, la parolaccia. Sbattere una porta neanche, perché casca la chiave. Forse la rabbia bisogna tenersela. Prima o poi passa.

F.V.

(...)

A proposito di cuoche, e cambiando argomento ché ne ho bisogno, io sono molto affezionata alla minestrina. Quand'ero piccola mi faceva cagarissimo, adesso mi sono resa conto che bisognerebbe istituire la Giornata mondiale della minestrina. Perché ti tranquillizza, ti coccola, e secondo me a volte abbiamo proprio bisogno di essere sciacquati.

L.L.

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