Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

domenica 21 ottobre 2012

Da "Harold e Maude", di Colin Higgins (Omero Editore, 2011)




Harold Chasen salì sulla sedia e si sistemò il cappio intorno al collo. Lo strinse bene e diede uno strattone al nodo. Teneva. Diede un'occhiata allo studio. La musica di Chopin si diffondeva dolcemente. La busta era poggiata sul tavolo. Tutto era pronto. Attese. Una macchina entrò nel vialetto, là fuori. Si fermò e Harold sentì sua madre che usciva. Con un lieve sorriso scalciò via la sedia e cadde di colpo nel vuoto. Dopo qualche istante i piedi smisero di agitarsi e il corpo rimase a dondolare appeso alla corda.

(...)

La signora Chasen fissò gli occhi strabuzzati, la lingua che sporgeva, il nodo stretto intorno al collo piegato in modo innaturale.
- Siamo spiacenti, - disse una vocina - il numero da lei chiamato non è attivo. La preghiamo di controllare che il numero sia corretto. Questa è...
La signora Chasen mise giù il telefono.
- Davvero, Harold, - disse mentre componeva di nuovo il numero - suppongo che trovi tutto questo molto divertente. A quanto pare non significa nulla per te che abbiamo i Crawford ospiti a cena.

(...)

Il dottor Harley si piegò in avanti.
- Dimmi, Harold, - disse, cambiando argomento - come passi il tempo?
- Intende dire, quando non sto progettando...
- Sì. Quali sono le tue attività quotidiane? A scuola non ci vai.
- No.
- E nemmeno a lavoro.
- No.
- Allora come passi le giornate?
Harold rimase in silenzio per un attimo.
- Vado alle discariche.
- E perché ci vai?
Harold ci pensò un attimo.
- La spazzatura, - disse - mi piace guardare la spazzatura.
- Capisco. E cos'altro fai?
- Mi piace guardare la macchina che schiaccia le automobili al deposito dei rottami.
- Nient'altro?
- Mi piacciono le demolizioni.
- Vuoi dire quando buttano giù i vecchi palazzi e roba del genere?
- Sì, soprattutto con la grande palla di ferro.
- È davvero illuminante, Harold, e credo che ci apra diverse strade da esplorare durante la prossima seduta. Ora però il tempo è finito. Salutami tua madre. Credo che debba venire da me all'inizio della prossima settimana.
Harold si alzò dal divano e salutò.
- Vai alla discarica? - chiese amabilmente il dottor Harley.
- No, - disse Harold - al cimitero.
Il dottore fu preso alla sprovvista.
- Oh... mi dispiace. Un parente?
- No, - disse Harold aprendo la porta - mi piace andare ai funerali.

(...)

Si guardò intorno e vide poco lontano una vecchietta, seduta sotto un albero. Sembrava che partecipasse anche lei al funerale e Harold non le avrebbe prestato attenzione, se non fosse che stava mangiando una fetta di cocomero e sputava i semi in un sacchetto di carta. La fissò, piuttosto disorientato. La donna sembrava perfettamente a suo agio, si guardava intorno godendosi la vista, come se stesse facendo un picnic in un parco pubblico.
La preghiera del sacerdote arrivò alla fine e Harold decise di andarsene. Diede un ultimo sguardo alla vecchietta e concluse che doveva essere senza dubbio una tipa stramba. Molto strano, disse tra sé, poi salì sul suo carro funebre e partì.

(...)

- Credo che gran parte del dolore di questo mondo venga da persone che sanno di essere come questa - disse stringendo in mano la margherita - ma si fanno trattare come quelle.
Sbattè gli occhi per ricacciare indietro le lacrime che stavano per spuntare e distese lo sguardo sulle migliaia di margherite che ondeggiavano pigramente nel sole del pomeriggio.

(...)

Il poliziotto in moto si accostò a Maude e le fece segno di fermarsi al lato della strada. Parcheggiò la moto e si avvicinò al finestrino di Maude.
- Signora - disse freddamente - stava andando a centodieci all'ora in una zona con un limite di settanta. Posso vedere la sua patente, prego?
- Certamente - disse Maude. - È sul paraurti anteriore.
- No - disse il poliziotto pazientemente - voglio la sua patente.
- Intende quei foglietti di carta con una foto sopra?
- Sì.
- Ah, ma non ce l'ho.
- Come?
- Non ce l'ho. Non credo nelle patenti.

(...)

Harold le mise un braccio intorno alla vita e le prese la mano nella sua. La guardò e sorrise. La testa di lei arrivava a malapena alla sua spalla. Maude contò, seguendo il ritmo, e poi cominciò a muoversi con un sorriso. Harold le venne dietro e ben presto stavano danzando insieme, nella stanza illuminata dalla lanterna, muovendosi felicemente a tempo, facendo giri e piroette con naturalezza, come giovani innamorati che danzano il valzer in un caffè di Vienna.

(...)

- Non c'è dubbio, Harold - disse il dottore, appoggiandosi allo schienale della sedia - che il tuo imminente matrimonio aggiunga un nuovo capitolo a un caso già affascinante. Ma esaminiamolo un po' e credo che vedrai chiaramente la semplice spiegazione freudiana per il tuo romantico attaccamento a questa donna più anziana. È noto come complesso di Edipo, una sindrome molto comune, specialmente nella nostra società, secondo la quale il figlio maschio desidera inconsciamente andare a letto con la madre. Naturalmente quello che mi lascia perplesso, Harold, è che tu desideri andare a letto con tua nonna.

(...)

- Ma cosa sai di lei? Da dove viene? Dove l'hai conosciuta?
- A un funerale.
- Ah, magnifico. - La signora Chasen bevve un sorso. - Non solo mi becco un'ottantenne come nuora. È pure necrofora!

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