Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

mercoledì 24 ottobre 2012

Da "Memorie di un sognatore abusivo", di Paolo Pasi (Edizioni Spartaco, 2009)




Non ho mai capito perché, ma nella vita di uno scrittore c'è sempre qualcosa che rende eroico il fallimento. Forse è la semplice ammissione a chiare lettere del proprio fallimento. Ecco perché ho deciso di tenere uno psicodiario. Il mio fallimento mi appare così smaccato, provocatorio, da esigere una piena confessione dei fatti. A modo mio, però. Eviterò di annotare le date, perché tanto i giorni si assomigliano tutti. Una normalità priva di sbocchi. L'anno è il 2035, la stagione si avvicina all'estate. Fa già molto caldo e la siccità avanza.
Ma cominciamo dai fatti.
Io sogno troppo e, in una Comunità dove i sogni sono tassati, questo significa essere nei guai. Lavoro per quattro soldi e neanche mezza sicurezza, eppure sono un grande contribuente. Nessun modo di fregare il fisco. Ti devi sistemare le ventose prima di addormentarti, e se non lo fai il microchip sottocutaneo segnala alla polizia onirica lo stato di sonno non connesso. Il resto lo fa la macchina collegata, giunta alla sua diciannovesima versione, e quindi ribattezzata X-19. Rileva numero e qualità dei sogni, li trasmette alla Centrale onirica, e ce li restituisce sotto forma di imponibile. Questa notte, per esempio, ho fatto due sogni di categoria A e tre di categoria B. Sono le aliquote più alte.


(...)

Mi tiro uno schiaffo sul timpano senza preavviso, ma la zanzara mi sfugge. Resta solo l'eco del suo ronzio e un fischio persistente.
Potrei ripiegare sulla psicotisana. Com'è che ha detto il dottore? Fa riposare a occhi aperti. Mi alzo per preparare l'occorrente. Sono le tre e mezza. Quando accendo la luce non vedo zanzare. Non ho neppure una morsicatura.
Da dove viene allora questo ronzio? Perché lo sento ancora? È forse immaginario? Un sottoprodotto della mia stanchezza che non trova sbocchi e mi costringe a una resa notturna a occhi aperti? Davvero conviene risparmiare sui sogni, se il prezzo da pagare è una giornata in salita non appena scesi dal letto? So che cosa mi aspetterà tra qualche ora. Una stanchezza feroce da farti sembrare pesante perfino un passo o un saluto, incapacità di concentrarsi sul lavoro, e poi ancora un'altra notte da temere...
Di nuovo il ronzio. Impossibile sia una zanzara. No, dev'essere qualcosa dentro di me. Il punto focale del mio malessere. Sto male perché la città mi si stringe addosso con la sua indifferenza, le sue prospettive striminzite, le sue possibilità d'acquisto sospese, le sue tasse selettive. Sto male perché non voglio prestiti da Morfeo, ma l'alternativa è ancora un'orizzonte sfocato e irraggiungibile. Perché sto pensando a domani che è già oggi.
È questo il brutto dell'insonnia. Non sai mai quando è ora di dire buongiorno. E vaffanculo pure alla psicotisana.

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