Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

mercoledì 10 ottobre 2012

Da "L'amico ritrovato", di Fred Uhlman (Feltrinelli, 2003)




Entrò nella mia vita nel febbraio del 1932 per non uscirne più.

(...)

Risento ancora la voce stanca e disillusa di Herr Zimmerman che, condannato all'insegnamento a vita, aveva accettato il suo destino con triste rassegnazione. Aveva il volto pallido e i capelli, i baffi e la barbetta a punta erano striati di grigio. Guardava il mondo attraverso gli occhiali a pince-nez che teneva appoggiati sulla punta del naso con l'espressione di una cane randagio in cerca di cibo. (...) Lo trattavamo dall'alto in basso e, a volte, anche con crudeltà, la crudeltà codarda che i ragazzi in buona salute mostrano spesso nei confronti dei deboli, dei vecchi e degli indifesi.

(...)

"Ciao, Hans," mi disse e io all'improvviso mi resi conto con un misto di gioia, sollievo e stupore che era timido come me e, come me, bisognoso di amicizia. Non ricordo più ciò che mi disse quel giorno, né quello che gli dissi io. Tutto quello che so è che, per un'ora, camminammo avanti e indietro come due giovani innamorati, ancora nervosi, ancora intimiditi. E tuttavia io sentivo che quello era solo l'inizio e che da allora in poi la mia vita non sarebbe più stata vuota e triste, ma ricca e piena di speranza per entrambi.

(...)

Con l'arrivo della primavera, la campagna si riempì di fiori, fiori di ciliegio e di melo, di pero e di pesco, mentre i pioppi si tingevano d'argento e sui salici spuntavano le foglie giallo limone. I colli azzurrini di Svevia, così dolci e sereni, erano coperti di vigneti e di orti, e incoronati dai castelli: piccole città medioevali con il municipio dal tetto spiovente, e le fontane in cima alle quali, sorretti da pilastri e circondati da mostri vomitanti acqua, si ergevano duchi e conti baffuti che portavano nomi come Eberardo il Beneamato o Ulrico il Terribile, figure comiche dall'atteggiamento rigido e dall'armatura pesante. Il Neckar scorreva lento attorno alle isole verdeggianti. Dal paesaggio emanava un senso di pace, di fiducia nel presente e di speranza nel futuro. (...) A volte andavamo nella Foresta Nera, dove i boschi scuri, odorosi di funghi e resina, che colava dai tronchi in lacrime ambrate, erano intersecati da torrenti ricchi di trote, sulle cui rive sorgevano le segherie. Di tanto in tanto ci spingevamo fin sulla cima delle colline da cui, nell'azzurrina lontananza, il nostro sguardo abbracciava la valle del rapido Reno, le sagome color lavanda dei Vosgi e le guglie della cattedrale di Strasgurgo.

(...)

Passarono i giorni e i mesi, e niente venne a turbare la nostra amicizia. Dall'esterno del nostro cerchio magico provenivano voci di sovvertimenti politici, ma l'occhio del tifone era lontano: a Berlino, dove, a quanto si diceva, si erano verificati scontri tra nazisti e comunisti. Stoccarda continuava ad essere la città tranquilla e ragionevole di sempre. Per la verità, anche lì avvenivano di tanto in tanto degli incidenti, ma non erano che episodi di poco conto. Sui muri erano comparse delle svastiche, un ebreo era stato molestato, alcuni comunisti percossi, ma in generale la vita proseguiva come al solito.

(...)

Non si può soffrire per un milione di morti.
Quei tre bambini, invece, li avevo conosciuti, li avevo visti con i miei occhi e questo cambiava radicalmente le cose. Cosa avevano fatto loro, quale male avevano commesso i genitori per meritare tutto ciò?

(...)

Il vento che aveva cominciato a soffiare dall'est raggiunse anche la Svevia. La sua forza crebbe fino a raggiungere l'intensità di un tornado e non si placò che dodici anni dopo, quando Stoccarda era stata distrutta per tre quarti, la medievale Ulm non era più che un ammasso di rovine e Heilbronn un cimitero in cui avevano lasciato la vita dodicimila persone.

(...)

Colpii Bollacher sul viso più forte che potei. Vacillò, poi mi restituì il colpo. Entrambi eravamo privi di qualsiasi tecnica e ci scagliavamo l'uno contro l'altro nell'ignoranza totale di ogni regola... sì, ma era anche nazista contro ebreo e io mi battevo per la giusta causa.
La mia appassionata consapevolezza non sarebbe stata sufficiente a farmi prevalere se Bollacher nel tirarmi un pugno che io schivai non fosse inciampato andando ad incastrarsi tra due banchi nell'attimo stesso in cui Pompetzki entrava in classe. Bollacher si rialzò. Con le guance rigate da lacrime di umiliazione mi additò e disse: "È  stato Schwarz a cominciare."
Pompetzki mi squadrò. "Perché hai aggredito Bollacher?" mi chiese.
"Perchè mi ha insultato," risposi, tremando per la rabbia e la tensione.
"Davvero? E cosa ti ha detto?" si informò Pompetzki in tono mellifluo.
"Mi ha detto di tornare in Palestina."
"Ah, capisco," commentò il professore con un sorriso. "Ma non si tratta di un insulto, caro Schwarz! È un buon consiglio, un consiglio d'amico. E adesso sedetevi, tutti e due. Se volete prendervi a pugni, fatelo pure, ma fuori di qui. E tu, Bollacher, ricorda che devi essere paziente. Presto tutti i nostri problemi saranno risolti. E adesso torniamo alla nostra lezione di storia."

(...)

In realtà mi esprimo ancora perfettamente, accento americano a parte, ma non amo servirmi della mia lingua d'origine. Le mie ferite non si sono ancora rimarginate e, ogni volta che ripenso alla Germania, è come se venissero sfregate con il sale.
Un giorno incontrai un uomo che veniva dal Württemberg e gli chiesi che ne era di Stoccarda.
"È stata distrutta per tre quarti," rispose.
"E il Karl Alexander Gymnasium?"
"È stato ridotto a un cumulo di macerie."
"E il palazzo degli Hohenfels?"
"Anche quello."
Scoppiai a ridere, senza riuscire a fermarmi.
"Perché tanta ilarità?" mi domandò l'uomo, stupefatto. "Non vedo che cosa ci sia di tanto comico."
"Non importa," ribattei. "È vero, non c'è niente di comico."
Cos'altro potevo dirgli? Come fare a spiegargli perché ridevo, se io stesso non riuscivo a capirlo?

2 commenti:

  1. Lo lessi a scuola, ne ho un buon ricordo, e ha ancora un posto, anche se un po’ defilato, nella mia libreria.

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  2. Salve Lorenzo!

    Come avrà notato, sul mio blog pubblico stralci da libri che leggo e che mi "dicono" qualcosa.

    Questo in particolare, quando l'ho letto, mi ha offerto un nuovo punto di vista su una storia di cui avevo già fatto scorpacciate letterarie.

    Trovo che "L'amico ritrovato" sia un tassello. Assolutamente da aggiungere!

    Grazie mille per l'attenzione,
    Daria

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