Tutto ciò che delle mie letture mi incuriosisce, mi emoziona, mi fa arrabbiare, mi fa sorridere, mi porta via, mi resta addosso per tanto tempo. Come la forma dell'intreccio della paglia. A gambe nude, d'estate.

martedì 5 aprile 2011

Da "Twilight", di Stephenie Meyer (Fazi Editore, 2006)




Non avevo mai pensato seriamente alla mia morte, nonostante nei mesi precedenti ne avessi avuta più di un'occasione, ma di sicuro non l'avrei immaginata così.
Con il fiato sospeso, fissavo gli occhi scuri del cacciatore, dall'altra parte della stanza stretta e lunga, e lui ricambiava con uno sguardo garbato.
Era senz'altro una bella maniera di morire, sacrificarmi per un'altra persona, qualcuno che amavo. Una maniera nobile, anche. Conterà pur qualcosa.
Sapevo che se non fossi mai andata a Forks non mi sarei trovata di fronte alla morte. Per quanto fossi terrorizzata, però, non riuscivo a pentirmi di quella scelta. Se la vita ti offre un sogno che supera qualsiasi tua aspettativa, non è giusto lamentarsi perchè alla fine si conclude.
Il cacciatore fece un sorriso amichevole e si avvicinò con passo lento e sfrontato, pronto ad uccidermi.



(...)

Fu in quel momento, seduta a pranzo, impegnata a conversare con sette estranei curiosi, che li vidi per la prima volta.
Erano seduti nell'angolo più lontano e isolato della mensa. Erano in cinque. Non parlavano e non mangiavano, benchè ognuno di loro avesse di fronte a sè un vassoio pieno di cibo, intatto. Non mi stavano squadrando, a differenza della maggior parte degli altri studenti, perciò potevo osservarli tranquillamente, senza temere di incontrare uno sguardo un po' troppo curioso. Ma non furono questi particolari ad attirare, e catturare, la mia attenzione. (...) Li fissavo perchè i loro volti, così differenti, così simili, erano tutti di una bellezza devastante, inumana. Erano volti che non ci si aspetterebbe mai di vedere se non, forse, sulle pagine patinate di un giornale di moda. O dipinti da un vecchio maestro sotto fattezze di angeli. Difficile decidere chi fosse il più bello: forse la ragazza bionda e perfetta, forse il ragazzo con i capelli di bronzo.
Tutti guardavano altrove, lontano dal loro tavolo, lontano dagli altri studenti, lontano da qualsiasi cosa, per quel che potevo capire.


(...)

"Ho pensato che se proprio devo andare all'inferno, tanto vale andarci in grande stile".


(...)

"Per questa settimana è meglio che io e te non esageriamo, con il povero Mike. Non è il caso di fargli saltare i nervi". I suoi occhi danzavano: l'idea lo divertiva più di quanto fosse lecito.
"Povero Mike", mormorai, preoccupata dal tono con cui aveva detto io e te. Mi piaceva più di quanto fosse lecito.


(...)

Ora che sapevo - se sapevo - del mio segreto pauroso non potevo fare niente. Perchè quando pensavo ad Edward, alla sua voce, al suo sguardo ipnotico, al magnetismo della sua personalità, non desideravo altro che trovarmi accanto a lui. Anche se... ma non riuscivo a pensarci. Non lì, sola nella foresta che si faceva sempre più scura.

(...)

"Hai mai pensato che forse la mia ora doveva suonare già la prima volta, con l'incidente del furgoncino, e che tu hai di fatto interferito con il destino?". Cercai di distrarmi con quella riflessione.
"Quella non era la prima volta", disse, e fu difficile riuscire a sentirlo. Lo fissai, stupita, ma lui teneva gli occhi bassi. "La tua ora è suonata quando ti ho conosciuta".

(...)

Di tre cose ero del tutto certa. Primo, Edward era un vampiro. Secondo, una parte di lui - chissà quale e quanto importante - aveva sete del mio sangue. Terzo, ero totalmente, incondizionatamente innamorata di lui.

(...)

Mi sforzai di ricordare che eravamo in una sala mensa affollata, probabilmente piena di occhi curiosi. Era troppo facile cedere alla tentazione di lasciarci avvolgere dalla nostra piccola e lucida bolla privata.

(...)

Restammo zitti, guardandoci negli occhi, cercando di leggerci nel pensiero a vicenda.
Fu lui a riprendere il discorso.
"Forse non è la metafora migliore. Forse rifiutare il cognac sarebbe facile. Forse dovrei trasformare il nostro alcolista in un eroinomane".
"Cioè, vorresti dirmi che sono la tua qualità preferita di eroina?", dissi, nel tentativo di alleggerire l'atmosfera.
Sorrise all'istante, sembrava apprezzare lo sforzo. "Ecco, tu sei esattamente la mia qualità preferita di eroina".

(...)

"Sai già cosa provo, ovviamente", risposi, infine. "Sono qui, il che, in due parole, significa che preferirei morire, piuttosto che rinunciare a te". Abbassai lo sguardo. "Sono un'idiota".
"Certo che lo sei", ribadì lui, con una risata. Lo fissai negli occhi, e anch'io iniziai a ridere. Ridevamo di quel momento così folle e totalmente imprevedibile.
"Così, il leone si innamorò dell'agnello...", mormorò. Guardai altrove nascondendogli i miei occhi, elettrizzata da quelle parole.
"Che agnello stupido", sospirai.
"Che leone pazzo e masochista".

(...)

"Apri gli occhi, Bella", disse, sottovoce.
E il suo viso era lì accanto a pochi centimetri dal mio. La sua bellezza non smetteva di sconvolgermi: era troppo, un eccesso a cui non riuscivo ad abituarmi.
"Mentre correvo, pensavo...".
"A non centrare gli alberi, spero".
"Sciocca", sghignazzò. "Correre per me è un gesto automatico, non è qualcosa a cui devo stare attento".
"Spaccone".
Sorrise.
"Dicevo... Pensavo a una cosa che vorrei provare". Di nuovo prese il mio viso tra le mani.
Mi tolse il fiato.
Sembrava esitare, ma non in maniera normale.
Non come un uomo che sta per baciare una donna, incerto della reazione e della risposta di lei, che volesse prolungare quell'istante, il momento perfetto dell'attesa impaziente che spesso è meglio del bacio stesso.
Edward esitava per mettersi alla prova, per non correre rischi ed essere certo di saper controllare i propri desideri.
Poi posò le sue labbra di marmo freddo sulle mie.
Ciò che nessuno di noi prevedeva fu la mia reazione.
Mi sentii bollire il sangue e bruciare le labbra. Il mio respiro si trasformò in un affanno incontrollabile. Intrecciai le dita ai suoi capelli, stringendolo a me. Dischiusi le labbra per respirarne il profumo inebriante.
Immediatamente lo sentii trasformarsi in pietra insensibile. Con le mani, delicatamente ma senza che potessi oppormi, allontanò il mio viso dal suo. Aprii gli occhi e lo vidi, guardingo.
"Ops".
"Ops è troppo poco".

Nessun commento:

Posta un commento